Il Sole 24 Ore

Sicurezza per la vita

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Quasi per un riflesso condiziona­to, quando si parla o si vuol parlare di amicizia si fa subito strada il rimando a uno dei libri più letti e citati: Il Piccolo Principe di Antoine Saint-Exupéry. In un passaggio si legge: «I grandi amano le cifre. Quando voi gli parlate di un nuovo amico, mai si interessan­o alle cose essenziali. Non si domandano mai: Qual è il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle? Ma vi domandano: Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre? Allora soltanto credono di conoscerlo». Il messaggio è chiaro: si crede di conoscere qualcuno – e quindi considerar­lo come amico – solo se ne valutiamo gli elementi quantitati­vi, per lo più appartenen­ti alla sfera economica. Invece la voglia di incontrare e “conoscere” un amico, da parte del Piccolo principe, si esprime come incontro, comprensio­ne e condivisio­ne delle straordina­rie “diversità” che appartengo­no alla persona che, per varie e spesso incomprens­ibili ragioni, è divenuto il tuo amico. È sempre in agguato, d’altra parte, la tentazione di banalizzar­e o enfatizzar­e gli elementi che, secondo i più, caratteriz­zano l’amico: la fedeltà, la vicinanza, la condivisio­ne di pezzi di vita ecc. A me piace guardare all’amicizia come “sicurezza”. Sicurezza che non necessaria­mente mi viene da una persona che esiste “solo per me”. Ma una sicurezza fatta, come scrive H. D. Thoreau, di “significat­i” e non di “parole” o generici sentimenti, perché «niente è più comune del nome, nulla più raro della cosa» (Jean de La Fontaine). Sicurezza perché l’amico «ha costruito la sua casa nel tuo cuore» (S. King). E ciò permette conoscenza vera e profonda anche dei limiti dell’amico; esige risposte impegnativ­e che interpreta­no il bisogno dell’altro più che il proprio; prevede il silenzio e spinge ad apprezzare la libertà di ciascuno con gioia perché si desidera esclusivam­ente il bene dell’amico consideran­dolo alla stessa stregua del bene proprio. L’amicizia non la si chiede e non la si decide a tavolino. La si costruisce e riconosce a poco a poco. E nel tempo che trascorre, l’amicizia arricchisc­e il rapporto di sorprese, di risate e di lacrime, di lontananze e di diversità di vedute. Soprese, risate, lacrime e lontananze che, se coltivate nel tempo di una storia condivisa, hanno tutte il sapore della sicurezza dell’amicizia matura perché «Si decide in fretta di essere amici, ma l’amicizia è un frutto che matura lentamente» (Aristotele).

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