Radiografia di via Solferino
setts, nel 1940) vi è rimasto per quasi quarant’anni, defilato come giornalista, ma attivissimo come sindacalista: « anima e corpo del nuovo contropotere di via Solferino», mosso da «un’inesauribile fantasia ostruzionistica di tipo pannelliano » . Parole di un aspro avversario, il collega Enzo Bettiza, il quale pur gli riconoscerà « qualcosa dell’eterna irrequietezza del liberal americano » , ammaliato dal Pci ma sgombro di ogni interesse personale.
Più che un’autobiografia in senso classico, il libro di Fiengo ( purtroppo privo dell’indice dei nomi) è una silloge di schizzi e appunti sparsi, densi di retroscena giornalistici inediti, dalla strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 sino all’irrituale sostituzione del direttore Ferruccio De Bortoli nel 2003, che provocherà le dimissioni indignate e solitarie di Corrado Staja- no. « Via Solferino » è sempre stata il crocevia del capitalismo di relazione e il magnete per gli appetiti politici più inconfessabili, da Craxi a Berlusconi. Senza che tutto ciò riuscisse a incrinare il paradosso del « Corriere » : spesso salmodiante di fronte ai poteri costituiti (editoriali inoffensivi e cerchiobottisti) e tuttavia in grado di sfornare fior di inviati e “inchiestisti”, autori di pagine i nappuntabili e coraggiose, i ncise nella storia del giornalismo.
Non tutti, è ovvio, si riconosceranno nella ricostruzione di Fiengo, che dedica qualche punzecchiatura anche alla «deriva del mielismo» (il nuovo stile leggero e frizzante introdotto nel 1992 dal direttore Paolo Mieli). Forse gli anni più controversi restano quelli della direzione di Piero Ottone (1972-76), criticamente appoggiata da Fiengo e, per il primo biennio, sor-