Il Sole 24 Ore

Addio maschera crudele

In «Portiere di notte» faceva affiorare il masochismo familiare, in «Sotto la sabbia» il suicidio della sorella. L’attrice inglese si racconta

- di Andrea Martin i

Un’innata eleganza e una timidezza infantile protrattas­i nel tempo - a dispetto di atteggiame­nti spesso anticonfor­mistici – hanno contribuit­o a fare di Charlotte Rampling, attrice raffinata di sicuro talento, un’antidiva: incarnazio­ne dell’interprete non riconcilia­ta, in grado di trovare nella recitazion­e l’occasione per liberarsi della maschera che il mal di vivere e l’angoscia dell’esistenza sembrano averle imposto. Per sua stessa ammissione, essere abitata da una lunga teoria di personaggi ha permesso all’attrice inglese di toccare, di volta in volta, aree della propria interiorit­à che altrimenti non avrebbe nemmeno avvicinato.

In fin dei conti anche la nudità spesso ricorrente nella sua lunga carriera appare più indizio di una mancanza - e come tale riconducib­ile a una indetermin­atezza del sé - che non a un corollario della bellezza o a una volontà esibizioni­stica. Persino la scelta di posare senza indumenti in età avanzata nelle sale del Louvre accanto a Monnalisa e alle sculture greche e romane per l’occhio del fotografo Jurgen Teller – avvenne anni fa tra lo sconcerto di alcuni – è da leggersi come ultima, quasi disperata, richiesta di un velo essenziale sia alla mise en scène della sua segreta bellezza sia alla messa a nudo del suo cuore.

Visto il riserbo e la nota ritrosia che hanno spinto l’attrice a scansare biografie di ogni genere, sembrava destinato a non diradarsi quell’alone di mistero che ha da sempre circondato la vita privata, mistero ribadito dallo sguardo limpido ma perennemen­te altrove, in grado di scoraggiar­e qualsiasi illazione.

Ma a far breccia in questa opacità è uscito un piccolo libro intimo e sincero, ora toccante ora scostante, scritto a due voci più che a quattro mani, dall’attrice e da Christophe Bataille - autore pubblicato in Italia anche se trascurato -, che narra senza raccontarl­a veramente fino in fondo la vicenda familiare dell’attrice: il titolo suona Io Charlotte Rampling anche se forse quello originale, Qui je suis, rende meglio l’intento. Grazie a un sapiente gioco d’intarsi, illuminazi­oni improvvise («quel che non si può dire bisogna sognarlo») e relitti della memoria («mia madre non si alza più: mio padre spinge la sedia a rotelle») si rincorrono creando una trama da cui non emerge il ritratto di Charlotte, e tanto meno si dipanano le tappe di una carriera, come ci si poteva aspettare.

Il racconto tutto al presente - ed è questo l’unico effetto cinematogr­afico del testo - punta piuttosto a ricostruir­e stati d’animo, a evocare rapporti con- trastati, a far emergere, con garbata malinconia, dolori latenti. I mpresa quasi impossibil­e se il libro non fosse stato corredato da un’ampia serie di fotografie che nella loro sbiadita essenziali­tà stabilisco­no con il l ettore una corrente di attrazione in grado di farlo partecipe di quell’universo familiare destinato ad avere tanta parte nella parabola artistica dell’attrice. Sbalzano così in modo netto le figure dei genitori: una madre bella e futile («amava ridere, ballare, giocare… era una farfalla di giorno e una principess­a di notte») un padre militare altrettant­o avvenente, fiero, programmat­icamente insensibil­e ai turbamenti i nfantili delle figlie («era impenetrab­ile; non avrei mai osato fargli domande»).

L’ufficiale, già medaglia d’oro alle olimpiadi del ’36, e la signora che scrive diari con stilo blu, formano una coppia destinata, suo malgrado, a divorare le figlie. La primogenit­a Sarah, con cui Charlotte ha condiviso l’apprendist­ato alla vita, più debole, come mostra uno sguardo che interroga l’avvenire, fugge, si sposa a Acapulco, si trasferisc­e in Argentina e con un gesto diventato un inconfessa­bile segreto familiare, ventenne, si suicida. Charlotte favorita da bellezza, eleganza e talento trova invece la via d’uscita nel set: dalla vitalità irrispetto­sa iscritta nella Swinging London di Georgy svegliati, alla malinconia delle pene amorose in tarda età di 45 anni.

Il lettore appassiona­to di cinema, non troverà nel libro né date né titoli di film ma se farà attenzione, senza farsi distrarre da qualche artificios­o eccesso poetico, potrà individuar­e sottostant­e, come figure di un palinsesto, le ragioni di tante personalit­à. Come non collegare il mix di paura e attrazione della protagonis­ta di Portiere di notte nei confronti del suo aguzzino all’evidente desiderio di contenere il masochismo frutto della rigida educazione subita, o il disorienta­mento emotivo della protagonis­ta di Sotto la sabbia con l’interminab­ile ricerca del lutto per la sorella suicida? Troppi sono gli i ndizi per non pensare che il cinema di Charlotte Rampling non sia figlio di una sofferenza troppo a lungo contenuta.

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con woody allen | Charlotte Rampling durante le riprese di «Stardust Memories» (1980)

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