Il Sole 24 Ore

Il silenzio di Dio in Giappone

- di Roberto Escobar

«Quando si è cresciuti a Little Italy, che cosa si può diventare, se non gangster o preti?», diceva quaranta e più anni fa Martin Scorsese, il cui cinema sta almeno in parte tra dio e demonio, tra Bene e Male. E certo tra questi due assoluti sta la fede del gesuita Sebastião Rodrigues (Andrew Garfield) di Silence (Usa, Taiwan e Messico, 2016, 161’).

All’origine del film c’è un romanzo di Sh saku End (in Italia edito da Corbaccio), a sua volta ispirato a fatti accaduti nel 1638 in un Giappone che sta contrastan­do l’opera di proselitis­mo cristiano condotta in particolar­e dalla Compagnia di Gesù. Alla notizia che il veneratiss­imo padre Cristóvão Ferreira (Liam Neeson) avrebbe abiurato, cedendo alla persecuzio­ne del samurai Inue (Issei Ogata), due giovani gesuiti portoghesi – Sebastião Rodrigues e Francisco Garrpe (Adam Driver) – partono da Roma per Macao e da lì giungono all’isola di Got , sulla costa giapponese. Il loro intento è ritrovare Ferreira e smentire le voci del suo tradimento. Inizia così il loro viaggio attraverso le atrocità compiute da Inue e dai suoi, e attraverso la fede intensa e disperata dei kirishitan, come i cristiani giapponesi chiamano se stessi.

Rodrigues e Garrpe non temono il martirio. Che cosa sono le loro vite, paragonate alla Verità che portano dall’Europa? Che cosa sono, di fronte alla richiesta di aiuto spirituale che si leva da interi villaggi di contadini impauriti e costretti a nasconders­i, da anni senza preti e senza sacramenti? Il loro è amore, pensano, amore per dio e amore per gli uomini. E così si ostinano a pensare, quando con i loro occhi vedono l’inquisitor­e Inue obbligare i kirishitan a scegliere tra calpestare un simbolo della loro religione – una formalità, dice – e soffrire una morte lenta e spaventosa. Tra il bene assoluto della fede e il male assoluto dell’abiura un credente non esita, o non dovrebbe.

D’altra parte, vedendoli appunto con i suoi

occhi, padre Rodrigues arriva a sentire il dolore fisico e lo spavento morale sofferti da quei poveri contadini. Ed è come se lui stesso li soffrisse. Non si tratta di assoluti in guerra l’uno con l’altro, ora, ma di quel relativo che ha il volto, la carne e l’anima di ogni singolo essere umano. Che cosa deve fare, in quanto prete e in quanto uomo? Deve spingerli a rifiutare quella formalità sacrilega, o deve suggerir loro di abiurare e salvarsi? Inutilment­e spera che sia Dio a rispondere. Tace, la voce della sua fede. E in questo silenzio si sente abbandonat­o come Cristo sulla croce. Come per Cristo, anche per lui c’è un Giuda. Il suo nome è Kichijiro (Yôsuke Kubozuka), un kirishitan più volte traditore e ogni volta penitente.

Quella di Rodrigues è la storia di una passione, nel senso più spirituale del termine. Lo è per la presunzion­e di Rodrigues, che nella sua ricerca dell’imitazione di Cristo desidera patirne la crocifissi­one. E lo è per una sofferenza che il silenzio del suo dio rende profondame­nte, radicalmen­te sua. A lui – a lui da solo – tocca decidersi fra l’assoluto e il relativo, tra la Verità e i corpi che vede offesi, straziati, bruciati.

L’inquisitor­e Inue gli spiega che non ci sono verità che valgano in Occidente come in Oriente, ma che ogni luogo ha la propria, che non mette radici altrove. Qualcun altro, conoscitor­e della cultura d’Europa, gli ricorda che il Giappone ha già una sua religione, che insegna a liberarsi di ogni illusione, mentre i cristiani preferisco­no fare delle loro una fede. Ma non sono né le parole di questo né le parole di quello a indurlo a scegliere tra assoluto e relativo. La sua decisione nasce ben dentro il silenzio del suo dio, nel paradosso di questo silenzio. Il solo modo di comprender­ne la voce nascosta è stare in ascolto di quella alta e straziata degli uomini e delle donne che soffrono. Così gli insegna il suo antico maestro Ferreira, quando gli capita di ritrovarlo. Per loro si può abiurare, gli spiega, per loro e per un dio più grande e più vero di qualunque Verità. Si sia gangster o si sia preti. %%%%%

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« silence » di martin scorsese Andrew Garfield, a sinistra, è Padre Sebastião Rodrigues

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