Fornasetti si è messo all’opera
Eccoci così a quota 50, e, poiché questo mezzo secolo andava festeggiato come si deve, Barnaba Fornasetti ha scelto un soggetto davvero molto azzeccato. Siamo, infatti, a teatro: tema fornasettiano quanto mai direte, ricorrente (già applicato su vassoi, porta ombrelli, carte da parati, tessuti...). E stiamo parlando, ovviamente, del piatto calendario: una tradizione di buon auspicio e intrinseca bellezza (inizialmente, a partire dagli anni 40, pensata sotto forma libro soprammobile, una strenna per amici e clienti) e che, dal 1968 fino all’edizione 1989 disegnata da Piero Fornasetti, fu da subito un culto per i collezionisti. Il figlio ha continuato la tradizione paterna tenendo una tiratura limitata a 700 esemplari.
Ma quest’anno c’è un gusto – e uno sfizio – in più. Siamo a teatro, dicevamo. Sì, perché quel “diavolo” di Barnaba – un’aria da mefistofelico dandy, in effetti, ce l’ha proprio – ne ha pensata un’altra delle sue. A fine 2016 a Milano e in questi giorni a Firenze, in concomitanza di Pitti, Fornasetti è infatti diventato produttore d’opera lirica, non solo di opere d’arte. La produzione e realizzazione del Don
Giovanni di Mozart segna una tappa nuova nell’universo fornasettiano. Insieme a un team di artisti di eccellenza (per dire, i costumi di Romeo Gigli), Fornasetti ha riportato alla luce il manoscritto praghese di Mozart, curando progetto generale e scenografie. I suoni sono quelli degli strumenti originali per i quali Mozart concepì l’opera. «Mi è sembrata la giusta occasione per uscire dal seminato del design ed esplorare un nuovo mondo dove applicare la decorazione», dice Barnaba. I risultati sono fantasmagorici: la messa in scena suggestiva, l’atmosfera onirica, i colori. Tutto è Fornasetti ma è anche, allo stesso tempo, e curiosamente, Mozart. Ed effettivamente, questa è una delle grandi qualità del design del marchio. Quelle immagini, quel repertorio che mescola fantasia e realtà (attribuendo a quella effettiva la magica impalpabilità del sogno), quella “follia quotidiana”, sono un linguaggio che non conosce confini e col quale sperimentare nuove forme. Prova ne sia, per esempio, la mostra «Fornasetti Pratical Madness» (appunto; a cura di Barnaba e Silvana Annicchiarico) che dopo i successi di Milano e Parigi è, fino al 19 marzo, a Seoul al Dongdaemun Design Plaza. Quasi 1.400 pezzi e un’inesauribile vitalità. Del resto la straordinaria attività dell’atelier milanese nello scorso anno – e già nel nuovo – è effervescente. C’è stata l’inaugurazione di un nuovo flagshipstore a Milano; il libro d’artista, Tema e Variazioni (magnifica ossessione di casa, i volti di Lina Cavalieri), un prodotto editoriale di pregio per collezionisti; un film sul mondo Fornasetti, firmato da Michela Moro e presentato al Design Film Festival di Milano e che speriamo presto vedere distribuito. E c’è anche, ora, la rassegna «Parole Urbane”: dialoghi tra poeti, urbanisti, filosofi e artisti» a cura di Stefano Raimondi che parte il 25 gennaio proprio a casa Fornasetti. Che dire? Chi ben comincia, qui, è ben oltre la metà dell’opera. Sipario...