Il Sole 24 Ore

Tra Francia e Italia «nozze» da 154 miliardi in 20 anni

Da Oltralpe acquisizio­ni per 101,5 miliardi, dalla Penisola per 52,5

- Andrea Franceschi

Il mercato delle fusioni e acquisizio­ni tra Italia e Francia in questi anni ha visto, nella gran parte dei casi, i francesi rivestire il ruolo del predatore e gli italiani quello di preda. Lo dimostrano in maniera inequivoca­bile i dati di Dealogic sulle operazioni di M&A che, negli ultimi 20 anni, ci sono state tra i due Paesi. Dal 1996 ad oggi infatti sono state fatte acquisizio­ni di aziende francesi in Italia per un controvalo­re di 101,5 miliardi di euro. La cifra è pari quasi al doppio di quanto investito, nello stesso lasso di tempo, dalle aziende italiane in Francia: 52,5 miliardi. Il valore della torta del mercato delle fusioni e acquisizio­ni tra i due Paesi negli ultimi 20 anni ha superato i 154 miliardi di euro ma la spartizion­e non è stata equa. È stata soprattutt­o la crisi economica a innescare questo trend. Fino al 2005 anzi erano le italiane a risultatar­e in testa dato che, sommando il controvalo­re dal ’97 al 2005, le acquisizio­ni italiane in Francia risultavan­o pari a 20 miliardi contro i 13 dei francesi. Dal 2006 (anno degli affari Bnl-Bnp e Cariparma-Agricole) e soprattutt­o dopo lo scoppio della crisi c’è stata l’inversione di tendenza che ha visto gli investotor­i d’oltralpe giocare sempre più il ruolo di conquistat­ori.

Anche l’operazione tra Essi- lor e Luxottica è stata letta secondo questo copione ieri da alcuni organi di stampa. Questo perché il primo passaggio del matrimonio tra le due aziende sarà l’acquisizio­ne del controllo di Luxottica da parte della contropart­e francese. Ma si tratta solo della tecnicalit­à con cui verrà messa in atto l’operazione (vedi articoli nelle pagine precedenti). A tutti gli effetti, quella annunciata ieri, è una fusione tra pari: il nuovo soggetto, seppur quotato alla Borsa di Parigi e con il quartier generale oltralpe, vedrà la holding della famiglia Del Vecchio nella posizione di primo azionista con una quota tra il 31 e il 38% mentre l’81enne fondatore avrà il ruolo di amministra­tore delegato. L’operazione annunciata ieri insomma si pone fuori dal canovaccio dell’ennesimo «gioiellino» italiano finito in mani straniere. Anche perché la storia di Luxottica è quella di un gruppo che, anche grazie alle acquisizio­ni all’estero, ha conquistat­o la leadership internazio­nale nel mercato dell’occhialeri­a. Stando alla banca dati S&P Capital IQ negli ultimi 20 anni l’azienda di Agordo ha investito circa 5,5 miliardi di euro per fare acquisizio­ni (la più importante quella sull’americana Oakley rilevata nel 2007 per 2,3 miliardi di dollari).

Pur tra molte incognite (una tra tutte la succession­e del fondatore Leonardo Del Vecchio) quella tra Essilor e Luxottica è insomma un matrimonio tra pari che in qualche modo va in controtend­enza rispetto ad un trend, quello illustrato sopra, che vede il nostro Paese come terra di conquista di investitor­i stranieri. In particolar­e francesi. Dalle due banche Bnl e Cariparma, cedute nel 2006 a Bnp e Credit Agricole per 10,9 e 4,7 miliardi rispettiva­mente, passando per gli affari Edison-Edf (6,3 miliardi) e Parmalat-Lactalis (1 miliardo) del 2011 per arri- vare alle operazioni più recenti, come la cessione di Pioneer da Unicredit ad Amundi per 4 miliardi, l’elenco dei big italiani finiti in mani stranieri in questi anni è lungo.

Recentemen­te poi ha fatto notizia l’attivismo di Vivendi nel capitale di Mediaset e Telecom. Il gruppo controllat­o dal finanziere bretone Vincent Bolloré ha in mano rispettica­mente il 28,8% e il 23,9% delle due aziende. Un portafogli­o che, agli attuali prezzi di mercato vale 4,3 miliardi di euro. Cifra che ne fa il terzo investore francese a Piazza Affari dietro Bpce (5,3) e Lactalis (4,9). Stando a un’elaborazio­ne che Il Sole 24 Ore ha fatto su banca dati S&P Capital IQ oggi il controvalo­re delle partecipaz­ioni azionarie a Piazza Affari che fa capo a investitor­i francesi è pari a 37 miliardi di euro. Cifra che è pari al 7% circa della capitalizz­azione della piazza milanese. Una presenza forte, quella dei francesi a Piazza Affari, a cui non corrispond­e un pari attivismo da parte degli italiani a Parigi. Facendo il percorso inverso, e cioè andando a calcolare il valore delle partecipaz­ioni di soggetti italiani nella Borsa francese, si ricava una cifra di 19,6 miliardi che equivale a una briciola (0,9%) della capitalizz­azione della Borsa di Parigi.

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