Antonio Tajani (Ppe) eletto alla presidenza dell’Europarlamento
Ha ottenuto 351 voti contro 282 di Pittella (Pse)
Antonio Tajani, del Partito popolare europeo, è stato eletto presidente del Parlamento Ue. Nel quarto scrutinio, al ballottaggio con Gianni Pittella, ha ottenuto 351 voti contro i 282 del candidato socialista. L’Italia torna a esprimere un presidente dell’Europarlamento dopo 38 anni: l’ultimo era stato, fino al 1979, Emilio Colombo.
p Si è conclusa ieri a tarda ora l’elezione di un nuovo presidente del Parlamento europeo. Dopo quasi 40 anni, un italiano, il popolare Antonio Tajani, tornerà a guidare per i prossimi due anni e mezzo l’assemblea parlamentare. L’elezione è giunta dopo una giornata confusa, segnata da quattro scrutini e da grande incertezza. Le forze politiche si sono presentate al voto profondamente divise, tanto che l’efficacia del futuro lavoro della Commissione europea è oggi in forse.
«È stato un confronto demo-
L’ACCORDO L’elezione resa possibile dopo il ritiro della candidatura di Guy Verhofstadt, capogruppo dei liberali (Alde)
cratico – ha spiegato Tajani in aula qui a Strasburgo appena eletto dai suoi pari –. Sarò il presidente di tutti, rispetterò tutti i deputati, tutti i gruppi. Potete contare sulla mia totale disponibilità». In una successiva conferenza stampa ieri sera, ha voluto ricordare le vittime del recente terremoto in Italia: «Uno dei miei primi impegni sarà di visitare quella regione e portarvi un messaggio di solidarietà».
L’elezione di Tajani, 63 anni, è stata la conclusione di una lunga partita elettorale. La nomina del presidente del Parlamento europeo segue un iter particolarmente complicato. Nei primi tre scrutini vince il candidato che raccoglie la maggioranza assoluta dei voti espressi e validi. Alla quarta tornata, si presentano al ballottaggio i due più votati nello scrutinio precedente. Dopo tre scrutini inconcludenti, l’elezione è avvenuta quindi alla quarta votazione.
Ad affrontare Tajani è stato il socialista Gianni Pittella. Tajani è stato eletto con 351 voti, mentre a Pittella sono andati 282 voti. Dietro l’aridità delle cifre si nascondono non poche tensioni politiche. L’assemblea parlamentare si è presentata divisa al voto di ieri. Oltre al popolare Tajani e al socialista Pittella, tra i candidati c’erano anche Eleonora Forenza, della sinistra radicale; Laurentiu Rebega, del gruppo euroscettico di Marine Le Pen; Helga Stevens del gruppo conservatore; e la verde Jean Lambert.
Il primo colpo di scena è avvenuto al mattino presto, quando i popolari e i liberali hanno annunciato di avere concluso una inattesa alleanza politica. Di conseguenza, il capogruppo liberale Guy Verhofstadt ha deciso di ritirare la sua candidatura per fare spazio allo stesso Tajani. La mossa ha consentito a quest’ultimo di godere dei voti dei deputati liberali, ottenendo quasi 300 suffragi nel corso dei primi tre scrutini.
Nell’annunciare il loro accordo, i popolari e i liberali hanno spiegato di voler formare «una coalizione pro-europea per riformare l’Europa». Tra le altre cose i due partiti vogliono lavorare insieme per riformare il governo della zona euro così come il bilancio comunitario, ampliando le risorse proprie dell’Unione, sulla base di un rapporto messo a punto da un gruppo presieduto da Mario Monti. Intendono in questo senso creare un «dialogo strutturato» con la Commissione europea.
Per tutta la giornata, non si sono segnalati altri significativi spostamenti di voti da un gruppo all’altro, tanto che un ballottaggio si è rivelato necessario. In questa tornata, anche il gruppo conservatore, che raggruppa tra gli altri i Tories britannici, ha appoggiato Tajani, dopo che questi ha dato loro assicurazioni. Le divisioni del Parlamento europeo preoccupano per il futuro lavoro della stessa Commissione europea che ha potuto godere in questi anni a Strasburgo dell’appoggio di una grande coalizione.
Non solo la solida maggioranza socialista-popolare in appoggio all’esecutivo comunitario appare oggi inesistente, ma la stessa scelta socialista di puntare alla presidenza del Parlamento europeo per evitare che le tre principali istituzioni comunitarie fossero guidate dal centro-destra è fallita. Le divisioni dell’assemblea parlamentare sono state attribuite da molti deputati alle vicissitudini nazionali, e alle accese campagne elettorali nei vari paesi dell’Unione, mentre i partiti antisistema guadagnano terreno.