Lo spiraglio ancora aperto
Si tratta sull’entità dello scostamento (lo 0,2% del Pil, pari a circa 3,4 miliardi), sui tempi e sui fattori rilevanti. Il ministero dell’Economia prepara la risposta alla lettera ricevuta ieri da Bruxelles, che sarà recapitata al mittente entro il 1° febbraio, come richiesto nella missiva firmata Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici.
La linea che si sta concertando in queste ore tra Palazzo Chigi e Via XX Settembre sarà riassunta in questo schema: il mancato rispetto dell’impegno a ridurre il debito è da attribuire per gran parte all’andamento dell’inflazione, le cui cause sono ascrivibili appunto alle «circostanze eccezionali» previste dal Patto di stabilità, essendo la conseguenza del ciclo economico internazionale. Anche l’andamento dei mercati finanziari, che di fatto ha reso problematica la cessione di beni del patrimonio pubblico «a condizioni adeguate», rientra in qualche modo nella stessa fattispecie. Obiettivo: evitare una manovra correttiva in senso classico, che comporterebbe effetti recessivi in un anno che le previsioni governative puntano a chiudere con una crescita anche superiore al programmato 1 per cento. Ancor più pesante sarebbe l’impatto di una correzione dei saldi di finanza pubblica, qualora si realizzasse lo scenario (decisamente meno ottimistico) delineato dal Fmi che per il 2017 prevede una crescita ferma allo 0,8 per cento. La via maestra resta agire sul denominatore, quindi sul Pil – ribadisce Padoan – che si affida al set di interventi “espansivi” della manovra, soprattutto sul versante degli investimenti. Recapitata la risposta, si attenderanno le ulteriori comunicazioni della Commissione. Se persisterà la richiesta di intervenire con una correzione sui conti 2017, le mosse successive prevedono sostanzialmente due scenari: non tenerne conto e rischiare con ciò la procedura d’infrazione (non sarebbe un dramma di per sé, anche se non andrebbero sottovalutati i riflessi sui mercati e dunque sul servizio del debito), oppure intervenire con un mix di misure (ad esempio la sospensione di alcuni bonus fiscali) e di limature di bilancio (la “manutenzione” già adottata in precedenti occasioni), per un importo complessivo che potrebbe anche essere inferiore allo 0,2% del Pil (nei dintorni di 1,7-2 miliardi), se la trattativa in corso aprirà spiragli in questa direzione. Lo scambio di informazioni si concentra in questa fase soprattutto sul peso effettivo dei “fattori rilevanti”, di cui la stessa lettera recapitata ieri al Mef chiede l’aggiornamento. Le “misure addizionali” sollecitate dalla Commissione, qualora verranno effettivamente adottate, vedranno la luce nelle settimane successive. Resta l’obiettivo principale: minimizzare l’impatto della correzione, che potrebbe anche articolarsi in più fasi. I margini che potranno aprirsi non appartengono tuttavia alle alchimie contabili, ma alla politica intesa come ricerca delle soluzioni più ragionevoli, ammesso che ve ne sia ancora traccia nelle disorientate capitali europee.