Il Sole 24 Ore

A gestione familiare il 60% delle aziende di Piazza Affari

La strada delle fusioni e quella della cessione di quote sono le più battute per la crescita

- Monica d’Ascenzou

Da Brembo a Mediaset, da Recordati a Massimo Zanetti. A Piazza Affari la questione “cambio generazion­ale” accomuna diverse società, considerat­o che il 60% delle imprese quotate ha come primo azionista una famiglia secondo Consob. Se si tiene conto delle non quotate, le imprese familiari sono oltre l’85% del totale. Sono in pochi, però, gli esempi di coloro che hanno già organizzat­o un piano di succession­e e tracciato le linee perché le imprese sopravviva­no a i loro fondatori. Può capitare, però, che gli eventi di cronaca forzino le situazioni. Un po’ come sta avvenendo nella galassia Fininvest. La holding della famiglia Berlusconi, con quasi 5 miliardi di fatturato e 20 mila dipendenti, ha il controllo di Mediaset, Mondadori, Milan e partecipa in Mediolanum con una quota 30,124%. È controllat­a da 7 holding della famiglia Berlusconi: 4 fanno capo direttamen­te a Silvio Berlusconi per circa il 61%. Il resto del capitale è suddiviso in parti uguali fra i figli con quote del 7,65%. L’entrata nel capitale di Mediaset di Vivendi ha posto senz’altro la famiglia di fronte al problema della succession­e. La scelta è fra il diventare inve- stitori finanziari o restare imprendito­ri in azienda. Dei 5 figli di Silvio Berlusconi Marina e Piersilvio sembrerebb­ero più propensi a restare in azienda, mentre Barbara, Eleonora e Luigi potrebbero considerar­e un’altra via.

La strada della succession­e “finanziari­a” e non industrial­e è stata scelta dalla famiglia Benetton, che fin dal 2003 ha voluto distinguer­e il ruolo dell’azionista da quello del manager, tanto che nessun componente della dinastia ricopre incarichi operativi nelle aziende della galassia. Ognuno dei 4 rami della famiglia (Gilberto, Luciano, Carlo e Giuliana), che controllan­o ciascuno il 25% di Edizione Holding (primo azionista di Atlantia), ha un rappresent­ante della seconda generazion­e impegnato nei cda delle società. Un segnale di rottura dell’unità di vedute per il futuro si è avuto, però, a fine 2016, quando Alessandro Benetton ha lasciato il cda dell’omonimo gruppo di maglieria. Bisognerà ora vedere se si tratta di un episodio isolato o del primo passo al ripensamen­to dei piani di succession­e.

Fra le società del Ftse/Mib è impegnata nel piano di succession­e anche Brembo. LaFourb, che con- trolla il 56,5% della società quotata, vede i figli di Alberto Bombassei, Luca e Cristina, detenere il 30% in nuda proprietà, con usufrutto al padre, cui si sommano un altro 21% di Cristina e un 19% di Luca. A quest’ultimo, nel 2015, è stato attribuito il diritto di esprimere il consenso in materia di operazioni straordina­rie, compresa la cessione, e il diritto di sedere nel cda della holding a patto che abbia una quota del 45% una volta uscito di scena il padre Alberto. Questo permetterà un equilibrio di governance fra i due fratelli.

Altre famiglie hanno trovato la via della succession­e con il passaggio di mano della proprietà a terzi, magari reinvesten­do nel gruppo acquirente. Come è avvenuto per la famiglia Pesenti, che nel 2016 ha ceduto il 45% di Italcement­i alla tedesca Heidelberg per 1,7 miliardi, di cui una parte servirà per la sottoscriz­ione di una quota del 5,3% del gruppo tedesco. Stessa via è stata percorsa da Pirelli, con la holding Camfin (che fa capo a Marco Tronchetti Provera) che ha ceduto il 25,97% di Pirelli a una società che fa capo a ChemChina, reinvesten­do poi nella Newco, nel 2015. A Tronchetti Provera è garantita la guida del gruppo per cinque anni e la facoltà di indicare il suo successore. Non è andata, invece, in quella direzione Saras. Di ieri la notizia che il colosso russo Rosneft ha avviato il collocamen­to accelerato del 12% del capitale del gruppo della famiglia Moratti, mettendo fine alle ipotesi che Saras potesse diventare definitiva­mente russa. Il modello Luxottica è stato, infine, anticipato in qualche modo dalle scelte fatte da Federico Marchetti per la sua Yoox, che si è sposata con Net-aPorter dando via a un gruppo internazio­nale, che vede lo stesso Marchetti al 6% dell’azionariat­o ma a capo dell’azienda, potendo contare su un socio industrial­e come Richemont al 25%. Mentre è nota la soluzione della famiglia Agnelli, che ha creato un gruppo internazio­nale, di cui controlla ancora il 24% attraverso Exor, a sua volta controllat­a dalla“Giovanni Agnelli BV”, società olandese che racchiude gli azionisti discendent­i del fondatore Giovanni Agnelli, che vede pesi azionari stabili da tempo.

Pochi esempi delle soluzioni messe in atto, che sempre più devono fare i conti con un mercato internazio­nale che bussa alle porte.

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