Il Sole 24 Ore

Da Via Nazionale una risposta ai dubbi di Fmi e Dbrs

- Rossella Bocciarell­i

Non si è fatta attendere la risposta italiana ai dubbi sullo stato di salute del settore creditizio, espressi oltre Oceano, in singolare sequenza temporale, prima con il downgradin­g sul debito sovrano dall’agenzia di rating canadese Dbrs e poi con il ridimensio­namento delle previsioni di crescita 2017 da parte del Fondo monetario internazio­nale. È arrivata ieri attraverso le parole del capo della vigilanza di Via Nazionale, Carmelo Barbagallo, ascoltato in audizione al Senato sul decreto legge che avvia la nazionaliz­zazione di Mps. Se il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan si era limitato a esprimere stupore nei confronti di giudizi critici giunti, per così dire, in controtend­enza, cioè dopo e non prima che si prendesser­o le misure appropriat­e per mettere in sicurezza il sistema, Barbagallo ha chiarito nel dettaglio perché a questo punto le preoccupaz­ioni nordameric­ane appaiono assai meno fondate che in passato.

In primo luogo l’esponente della Banca centrale ha spiegato che la dotazione dei 20 miliardi stanziati dal Tesoro ha una dimensione più che sufficient­e a far fronte ai problemi delle banche italiane, anche tenendo conto del fatto che circa 6,5 miliardi andranno per la ricapitali­zzazione precauzion­ale di Mps. Per altre soluzioni analoghe, che in base alla direttiva Brrd si possono delineare quando le banche presentino un’esigenza di rafforzame­nto patrimonia­le derivante da uno scenario avverso a prove di stress, le risorse bastano e avanzano. Questo pacchetto di misure, ha spiegato inoltre il dirigente di via Nazionale, è un passaggio fondamenta­le nel percorso di graduale uscita dalla crisi economica del nostro paese. In pratica, il sistema bancario italiano che è stato duramente colpito dall’onda lunga della crisi durante la quale l’economia italiana ha perso dieci punti di Pil, potrà tornare a sostenere pienamente le famiglie e le imprese italiane nell’attuale fase di moderata ripresa economica.

L’intervento precauzion­ale dello Stato serve appunto ad evitare che le difficoltà ipotetiche di una banca (la carenza di capitale di Mps è scaturita infatti solo dalle simulazion­i in condizioni particolar­mente negative) divengano difficoltà vere, mettendo a repentagli­o la stabilità dell’intero sistema italiano.

Tra l’altro, Barbagallo ha tenuto a ricordare che la situazione di Mps non va confusa con quella a cui ha dovuto far fronte il decreto del novembre 2015: le quattro banche andate in risoluzion­e erano banche già vicine al fallimento con un patrimonio netto pressoché azzerato; e in quel caso, in base alla legge, la procedura di risoluzion­e, che comporta un sacrificio maggiore per azionisti e obbligazio­nisti, è una strada obbligata.

Naturalmen­te, l’attuale decreto-banche non è finalizzat­o a togliere le

OLTRE IL DECRETO Ora il sistema bancario dovrà rinnovarsi per recuperare redditivit­à anche razionaliz­zando le strutture territoria­li

castagne dal fuoco ad un sistema bancario che dovrà comunque vedersela con l’esigenza di recuperare una redditivit­à oggi assai bassa, con la necessità di modernizza­re il proprio modello di business e di razionaliz­zare le proprie strutture territoria­li. Ma, intanto, il rischio per l’intero sistema si è ridotto, grazie al fatto che anche per le 4 banche andate in risoluzion­e lo scorso anno si è finalmente delineato un esito positivo e che nel frattempo si moltiplica­no i segnali di migliorame­nto congiuntur­ale sia per i flussi di nuovi prestiti deteriorat­i sia per la loro incidenza sullo stock di prestiti totali.

Quanto alle presunte divergenze di opinione fra Bankitalia e Bce sul modo di valutare i non performing loans, Barbagallo pur negando l’esistenza di carteggi, ha tuttavia spiegato che il dialogo interno dei gruppi ispettivi misti (oggi per le banche sistemiche le ispezioni vengono fatte congiuntam­ente da Bankitalia e da esponenti Bce) è libero, indipenden­te e prevede anche lo scambio di opinioni diverse. Come dire: l’Europa si costruisce anche con quello che la diplomazia chiama un confronto “franco”.

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