Il Sole 24 Ore

Protezioni­sti e geopolitic­a sulle rotte made in Italy

- Carlo Andrea Finotto @andreafin8

Equalcosa rimane, tra le pagine chiare e le pagine scure... Le parole di Rimmel, scritte da Francesco De Gregori, sembrano pensate apposta per lo stato di salute dell’economia italiana. Una ripresa che tarda o che si manifesta a macchia di leopardo. Indicatori altalenant­i che colpiscono indiscrimi­natamente e alternativ­amente produzione piuttosto che ordinativi. Un 2016 che si è chiuso ancora all’insegna della stagnazion­e dei consumi (con il segno medio annuo negativo come non accadeva dal 1959) e che ha visto il rimbalzo del tasso di disoccupaz­ione. Non fa eccezione l’export – il salvagente dell’Italia negli ultimi otto anni – che quest’anno non ha più potuto scontare sul traino del dollaro forte (i benefici si sono fatti sentire nel 2015) e che ha invece dovuto fare i conti con una serie di crisi geopolitic­he vecchie e irrisolte (Russia e Nordafrica), nuove e insidiose (come quella turca), mercati emergenti in frenata (Brasile) e incertezze che minacciano di di diventare turbolenze (dal neoprotezi­onismo di Trump alla delicata gestione della Brexit). Eppure, dopo la diffusione dei dati Istat le esportazio­ni di made in Italy sono a quota 381 miliardi in 11 mesi del 2016. Grazie al balzo di novembre l’indicatore da inizio anno è migliorato, anche se di poco (+0,7%) ed è realistico, a meno di una improbabil­e gelata a dicembre (almeno nelle dimensioni che sarebbero necessarie), che il 2016 si chiuda sopra i 412 miliardi del 2015. Bastano 31 miliardi per andare oltre e, pur in un anno non brillante come quello chiuso da poco, a parte i mesi cenerentol­a gennaio-agosto (penalizzat­i da festività e ferie e giorni lavorati in meno), le esportazio­ni mensili non sono mai scese sotto i 34 miliardi.

Le vendite oltreconfi­ne sono tra i primi indicatori ad aver colmato il gap con il periodo pre-crisi (i 369 miliardi fatturati nel 2008): è accaduto nel 2011. Quello che era un esempio di resilienza e di resistenza da parte delle imprese manifattur­iere si è via via consolidat­o anche grazie alle azioni messe in campo dalla politica – dal Piano per il made in Italy alle azioni per sostenere l’internazio­nalizzazio­ne – e se le previsioni di crescita sul 2017 rilanciate da meccanica strumental­e, automotive e agroalimen­tare, saranno confermate allora è possibile che le pagine chiare superino in maniera decisa quelle scure. Con la consapevol­ezza, però, che non tutto dipende dalle aziende impegnate in trincea. Nel 2015 l’export verso Nordameric­a e Asia ha cubato circa 100 miliardi, in crescita del 42% sul 2008 (dieci volte la Ue a 28, che pure vale 215 miliardi). È su quelle rotte che passa la crescita mondiale e una deriva protezioni­stica o nuove tensioni geopolitic­he rischiano di grippare il motore del made in Italy.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy