Il Sole 24 Ore

Le società ex Riva patteggera­nno

Lo slittament­o dell’invio della lettera alle cordate allunga i tempi della cessione PUGLIA Decisione r inviata a marzo per consentire a Riva Fire di ottenere il via libera del Mise al patteggiam­ento

- Domenico Palmiotti

p «Scivola» a marzo il patteggiam­ento delle società Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici coinvolte nel processo «Ambiente Svenduto» in corso a Taranto in Corte d’Assise. Ieri il collegio ha aggiornato l’udienza all’1 marzo per dar modo a Riva Fire di definire la sua posizione. L’ex capogruppo, infatti, che nel frattempo ha cambiato nome (si chiama «Partecipaz­ioni Industrial­i»), è stata ammessa all’amministra­zione straordina­ria ed affidata agli stessi commissari dell’Ilva, sul patteggiam­ento non ha ancora ottenuto il via libera del Mise.

Rinvio necessario anche per mettre in sicurezza la transazion­e con la famiglia Riva che farà affulire all’Ilva un miliardo e 100 milioni custoditi in Svizzera, e oggetto di sequestro della Procura di Milano, più altri 230 milioni. Dopo l’accordo di dicembre, le tappe fissate prevedono che le somme in questione arrivino a febbraio. Il patteggiam­ento dell’ex Riva Fire, quindi, si collochere­bbe a valle di questo percorso.

Ieri la Corte avrebbe potuto anche stralciare le posizioni già pronte di Ilva e Riva Forni Elettrici inviandole per il giudizio di merito ad un nuovo collegio visto che la Procura ha già dato il suo assenso. Si è però ritenuto di non ricorrere allo stralcio delle due società anche per non disallinea­rle rispetto all’ex Riva Fire dal contesto complessiv­o. Nell’udienza dell’1 marzo, perciò, Ilva, ex Riva Fire e Riva Forni Elettrici usciranno tutte insieme dal processo. Il patteggiam­ento di Riva Forni Elettrici è di poco inferiore ai 2 milioni. La società, infatti, è operativa dall’1 gennaio 2013, a seguito della scissione parziale effettuata da Riva Fire. E’ nata quindi dopo i fatti oggetto del processo. Che invece investono pesantemen­te l’ex capogruppo. Il patteggiam­ento dell’Ilva, invece, prevede che la società sia soggetta a otto mesi di commissari­amento giudiziale, affidato sempre ai commissari, e versi 241 milioni a titolo di confisca, quale profitto del reato compiuto tra il 2009 e il 2013, e altri 2 milioni come sanzione. Ieri il rinvio del processo ha causato le proteste degli ambientali­sti, che temono un progressiv­o «svuotament­o e impoverime­nto» del giudizio.

Sul fronte della cessione dell’Ilva, invece, i commissari non hanno ancora trasmesso alle due cordate in campo (Arcelor Mittal con Marcegagli­a da una parte e dall’altra Arvedi con Cassa Depositi e Prestiti, Delfin di Leonardo Del Vecchio e Jindal) il parere sui piani ambientali consegnato loro dal ministero dell’Ambiente lo scorso 9 gennaio dopo il lavoro degli esperti incaricati dal ministro Gian Luca Galletti. I commissari starebbero modificand­o in parte la lettera della procedura alla luce delle novità intervenut­e col decreto legge 243 del 2016 attualment­e alla Camera. Tale decreto, infatti, oltre a stanziare 100 milioni per Taranto, tra sanità e sostegno alle famiglie in disagio sociale, prevede infatti nuovi compiti per i commissari relativame­nte alla bonifica del siderurgic­o. Una specie di piano ambientale aggiuntivo a quello dei privati. Aggiornata la lettera, quindi, il parere di Galletti potrebbe essere inviato alle cordate a fine settimana e i 15 giorni a loro disposizio­ne per l’integrazio­ne dei piani ambientali e la presentazi­one dell’offerta vincolante decorrere da lunedì prossimo.

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