Nuovi talenti, qualcosa si muove
pSia detto senza indugio: la breve kermesse milanese della moda maschile ha rivelato in modo chiaro i numerosi problemi che affliggono il sistema, in particolare la difficoltà a tratti insormontabile del ricambio generazionale. Che l’Italia non sia un paese per giovani è noto a tutti, da sempre ed in ogni campo. La moda non fa eccezione, ma in quanto industria basata sul cambiamento ha un bisogno disperato di nuova linfa. Talmente disperato che adesso si corre ai ripari con ogni mezzo, in maniere a conti fatti naif. Così, mentre il calendario, a causa di defezioni eccellenti dovute all’accorpamento degli show uomo-donna, come è il caso di Gucci e di Bottega Veneta, si assottiglia e si riempie di buchi, la soluzione naturale è quella di offrire una piattaforma d’esposizione ai giovani e ai valenti. Iniziativa lodevole, sostenuta dalla Camera della Moda, alla quale si unisce anche Giorgio Armani, che ieri ha ospitato negli spazi di Armani/Teatro, a mo’ di preludio al proprio show, la sfilata di tre marchi internazionali emergenti. Nessuno di questi, sia detto, italiano, il che è già indicativo di una situazione difficile.
La scelta di Armani del resto non nasce da preclusioni imposte a priori. A King George è stata sottoposta una rosa di nomi, e lui tra questi ha scelto. Si tratta di decisioni spesso prese sulla carta, valutando non capi finiti ma portfolio, con tutte le incognite del caso. In effetti nessuno dei tre marchi selezionati - Yoshikubo, Motoguo e Consistence - ha connotati immediatamente armaniani, ma in fondo è un bene. La decostruzione rock di Yoshikubo è un interessante esercizio di smembramento degli stereotipi vestimentari, mentre l’infantilismo cartoon di Motoguo è una celebrazione dell’uomo bambino. Delude, invece, perchè freddo e anaffettivo, il tailoring concettuale di Consistence. L’Italia, appunto, è assente, ma non certo perchè da noi manchino i talenti: sono i criteri di scelta che forse andrebbero rivisti, o i luoghi della ricerca. La Camera comunque il suo lavoro lo fa, intorno, organizzando altri show. La scelta del Base come sede, e di una scenografia neutra uguale per tutti, non è forse particolarmente felice, perchè spersonalizzante. I talenti nuovi, infatti, abbisognano di uno storytelling mirato, in par- ticolare oggi che la sfilata è racconto, non solo parata di vestiti.
In ogni caso qualcosa si muove. I clubbers di Malibu 1992 sono una visione efficace dello stile come aggregatore subculturale. Sospesi tra edonismo e gotico, marciano duri, e incuriosiscono. La poesia frou frou di Miaoran, invece, è un tour delicato intorno al tema dell’androginia - poco sorprendente, ma ben confezionata. Però è fuori dalla griglia della promozione forzata del talento che accade davvero qualcosa. Il costruttivismo di Cedric Charlier è una proposta convincente di nuovo pragmatismo urbano, mentre da Palm Angels protesta e stile si intrecciano con diabolica precisione. A Milano, finalmente, qualcosa si muove.
IL RICAMBIO Piattaforma di esposizione sostenuta anche dalla Camera della moda impegnata a organizzare gli show dei debuttanti