La lunga marcia di Fincantieri
C’è da augurarsi naturalmente che si concludano positivamente le trattative in corso a Parigi col governo francese per l’acquisizione da parte di Fincantieri della holding STX France, che controlla i cantieri di Saint-Nazaire, affacciati sulla Loira, col bacino di carenaggio più grande del mondo e quindi in grado di consentire anche la costruzione di grosse navi da crociera. Del resto, dopo che un tribunale sudcoreano ha giudicato “congrua” l’offerta della società italiana per il 66,66 per cento di quella francese (che era finita in pegno ad alcune banche in seguito alla procedura fallimentare di STX Offshore & Shipbuilding), non dovrebbero esserci ostacoli per un perfezionamento dell’accordo.
Non è peraltro questa la prima iniziativa di assoluto rilievo, né sarà probabilmente l’ultima, intrapresa da Fincantieri (nata nel dicembre 1959 come società finanziaria) da quando, in conformità al programma di privatizzazione dell’Iri varato da Romano Prodi, essa ha provveduto, dal 1984, alla riorganizzazione di pressoché tutto il settore cantieristico pubblico e poi, affiliata alla Confindustria, anche di buona parte di quello privato.
Fincantieri ha così ereditato un notevole patrimonio di attività e di esperienze, i cui esordi risalgono a più di centotrent’anni fa: allorché il ministro della Marina Benedetto Brin (già titolare in precedenza per tanti anni di quel dicastero) mise a punto fra il marzo 1884 e il luglio 1887 un apposito piano per lo sviluppo delle costruzioni navali e il potenziamento della flotta militare. Per l’Italia si trattava, a quel tempo, di conseguire innanzitutto un obiettivo fondamentale sotto il profilo militare, in quanto aveva stipulato due anni prima (nel maggio 1882) un trattato di alleanza con la Germania e l’Austria-Ungheria e doveva perciò attrezzarsi convenientemente, dato che, altrimenti, i rapporti di forza nell’ambito della Triplice sarebbero risultati eccessivamente squilibrati a favore di Berlino e di Vienna. In ogni caso, la Sinistra costituzionale, andata al potere nel 1876 con il governo di Agostino Depretis, pur non avendo ancora accantonato una politica estera delle “mani nette”, riteneva tuttavia inconcepibile che un paese affacciato da ogni lato sul Mediterraneo restasse alla finestra pure in futuro di fronte all’espansione coloniale in Africa delle maggiori potenze europee. Perciò l’ingegnere e generale Brin continuò per quasi un decennio, quale ministro della Marina, ad assicurare adeguate risorse e agevolazioni pubbliche (come avveniva del resto nei principali Paesi) alle imprese cantieristiche e a quelle siderurgiche che, grazie anche all’adozione di un regime doganale protezionistico, costituirono successivamente, dall’inizio del Novecento, il nerbo della prima industrializzazione del nostro Paese.
Passati nel 1937, in seguito alla Grande crisi degli anni Trenta, sotto le insegne dell’Iri, quando l’Istituto di via Veneto venne trasformato in un ente permanente per il controllo e il finanziamento delle industrie riguardanti la difesa e l’autarchia, i principali gruppi cantieristici (attivi tanto in Liguria, Livorno, Monfalcone e Trieste che Ancona, Napoli e Castellammare) tornarono dal secondo dopoguerra, una volta riparati gli ingenti danni subìti durante in conflitto, a svolgere un ruolo importante. Tanto da risultare una delle colonne portanti nel nostro processo di sviluppo dagli anni del “miracolo economico” in poi, sino a quando non dovettero misurarsi soprattutto con la più agguerrita e innovativa industria giapponese.
Dalle operazioni di ristrutturazione condotte nel corso degli anni Novanta hanno infine preso il via, negli ultimi tempi, le crescenti fortune di Fincantieri, dovute a una serie di acquisizioni, la più prestigiosa delle quali è stata, nel dicembre 2012, quella del gruppo STX OSV Holdings, il più grande costruttore di mezzi di supporto alle attività di estrazione e produzione di petrolio e gas naturale (ridenominata poi Vard, dal nome della tipica torre di pietra usata in Norvegia come faro per la navigazione lungo le sue coste). Oltre ad aver fatto l’ingresso in tal modo nella navalmeccanica offshore, la Fincantieri (controllata per più del 71 per cento da Fintecna e quindi dal ministero dell’Economia e delle finanze) è presente nel settore del design e dell’ingegneria navale e, attraverso una costellazione di accordi commerciali e di partecipazioni dirette, in vari altri comparti civili e militari. Tanto da costituire attualmente uno dei più cospicui complessi cantieristici del mondo.