Eni: nuova scoperta nell’offshore norvegese
Nuova scoperta a olio e gas dell’Eni nel Mare di Norvegia. Ieri il gruppo guidato da Claudio Descalzi ha reso noto di aver compiuto un passo avanti nelle licenze PL 128/128D: il Cane a sei zampe detiene l’11,5 per cento, mentre Statoil è operatore con il 63,95% (la quota restante, il 24,55%, fa capo a Petoro). La scoperta è stata effettuata attraverso il pozzo 6608/10-17S, perforato in 374 metri d’acqua, che si trova a circa 5 chilometri a nord dell’unità galleggiante di produzione, stoccaggio e scarico (quella che tecnicamente si definisce “Fpso”, floating production, storage and offloading) di Norne, nella parte settentrionale del Mar di Norvegia, a circa 170 chilometri dalla costa. Secondo quanto comunicato ieri dal gruppo, la stima preliminare di olio in posto è compresa tra 70 e 200 milioni di barili con un ulteriore potenziale addizionale da testare. Il pozzo, chiarisce ancora l’Eni, sarà abbandonato al termine di una estesa campagna di acquisizione dati e di campionamento di fluidi.
La scoperta di ieri rinvia alla strategia di Eni di rifocalizzazione delle proprie attività esplorative su attività a elevato valore “near field”, in grado cioè di consentire un rapido sviluppo della scoperta attraverso le infrastrutture già esistenti e sinergiche con ridotto time-to market e benefici immediati sul cash flow.
Il gruppo è approdato in Norvegia nel 1965 e attualmente produce circa 180mila barili al giorno attraverso il “braccio” locale Eni Norge. Le attività si snodano lungo tre assi: Mare di Norvegia (nell’ambito del quale rientra la scoperta annunciata ieri), Mare del Nord Norvegese e, soprattutto, Mare di Barents, un’area strategica per il business del gruppo, dove insiste il giacimento di Goliat, nella licenza 229 (PL 229), di cui Eni è operatore con il 65% (il 35% è nelle mani della norvegese Statoil). La produzione, come si ricorderà, è stata avviata a marzo scorso. Ad agosto, il campo è stato costretto a un primo stop a causa di un blackout per poi riprendere le attività un mese dopo. A dicembre, si è quindi registrato un secondo fermo per via di alcuni danni esterni minori a un tubo che consentiva il carico di greggio prodotto nella piattaforma. E, a causa di condizioni meteo particolarmente avverse, le attività non sono al momento ancora riprese.
La produzione a Goliat poggia su un sistema sottomarino composto da 22 pozzi, di cui 12 sono pozzi di produzione, sette servono per iniettare l’acqua nel giacimento e tre per iniettare gas. La piattaforma riceve energia elettrica da terra per mezzo di cavi sottomarini e questo permetto di ridurre le emissioni di anidride carbonica del 50% rispetto ad altre soluzioni, mentre l’acqua e il gas sono re-iniettati nel giacimento. Secondo i numeri forniti dal gruppo, Goliat assicura 100mila barili al giorno (65mila dei quali in quota Eni) e, stando alle stime, contiene riserve pari a circa 180 milioni di barili di olio.