Gm-Hyundai, maxi-investimenti in Usa
Dbrs mette sotto osservazione il rating Fca dopo l’Epa
pA pochi giorni dall’insediamento alla Casa Bianca, l’effetto Trump sui costruttori di auto Usa è diventato ormai una valanga. Dopo Fca, Ford e Toyota, ieri sono state la Gm e la sudcoreana Hyundai ad annunciare investimenti per produrre auto negli Usa, dopo che per tutta la campagna elettorale e dopo l’elezione il miliardario americano ha cavalcato il tema del protezionismo economico e duramente criticato le aziende che hanno delocalizzato parte della produzione. Tornando a Fca è da ricordare che ieri l’agenzia di rating Dbrs ha messo sotto osservazione - con prospettive “in divenire” - il rating “BB (low)” del debito Fiat Chrysler. Per quanto riguarda la vicenda delle emissioni dei motori diesel, «Le Parisien» ha scritto ieri che dei test effettuati dal Jrc di Ispra avrebbero rivelato valori nettamente più alti della norma per la Citroën Cactus in condizioni di guida su strada.
A pochi giorni dall’insediamento alla Casa Bianca, l’effetto Trump sui costruttori di auto Usa è diventato ormai una valanga. Dopo Fca, Ford e Toyota, ieri sono state la General Motors e la sudcoreana Hyundai ad annunciare investimenti per produrre auto negli Stati Uniti, dopo che per tutta la campagna elettorale e dopo l’elezione il miliardario americano ha cavalcato il tema del protezionismo economico e duramente criticato le aziende che hanno delocalizzato parte della produzione.
Gm ha annunciato ieri che investirà «nei prossimi anni» un miliardo di dollari nelle attività manifatturiere Usa «creando o mantenendo» 1.500 posti di lavoro. L’investimento - spiega l'azienda - si va ad aggiungere ai 2,9 miliardi già annunciati nel 2016 e agli oltre 21 miliardi stanziati dal 2009. L’organico aumenterà inoltre di altri 5mila impiegati nei settori della finanza e delle nuove tecnologie. I dettagli saranno annunciati nel corso dell’anno. La società ha inoltre fatto sapere che riporterà all’interno la produzione di assi per la nuova generazione di pick-up di grandi dimensioni, spostandola dal Messico al Michigan e creando 450 posti di lavoro negli Stati Uniti. «Dal momento che la base manifatturiera americana è più competitiva siamo in grado di aumentare ulteriormente gli investimenti, cosa che si traduce in più posti di lavoro per l’America» ha detto l’amministratore delegato di Gm Mary Barra. Hyundai, dal canto suo, investirà nei prossimi cinque anni fino a 3,1 miliardi di dollari nelle proprie fabbriche già esistenti negli Stati Uniti e sta valu- tando la possibilità di aprire un nuovo stabilimento.
Ieri l’agenzia di rating Dbrs (la stessa che nei giorni scorsi ha tolto l’ultima A all’Italia) ha messo sotto osservazione - con prospettive “in divenire” - il rating “BB (low)” del debito Fiat Chrysler. La decisione, spiega una nota, segue l’annuncio dell'agenzia di protezione dell’ambiente Usa (Epa), che lo scorso 12 gennaio ha notificato a Fca la violazione del Clean Air Act da parte del motore diesel 3 litri V6 utilizzato da Jeep Grand Cherokee e Ram 1500. Dbrs nota che «la capacità della società di assorbire ogni onere prevedibile sembra considerevole, visto che la liquidità di Fca è consistente, pari a 23,2 miliardi di euro al 30 settembre». «Ciononostante - aggiungono gli esperti - ogni impatto significativo minerebbe l’attuale piano industriale (che fin dall’inizio Dbrs aveva giudicato ambizioso)», soprattutto per quanto riguarda gli obiettivi di cash flow industriale netto.
Per quanto riguarda la vicenda delle emissioni dei motori diesel, «Le Parisien» ha scritto ieri che dei test effettuati dal Jrc di Ispra (il centro ricerche della Ue) avrebbero rivelato valori nettamente più alti della norma per la Citroën Cactus in condizioni di guida su strada: fino a 585 milligrammi per chilometro contro il massimo ammesso di 80 mg per i motori Euro6; l’auto avrebbe un comportamento sospetto anche in fase di test, se condotto con temperature al di fuori della forchetta 1723 gradi. Il gruppo Peugeot si è detto sbalordito, ha detto di non avere alcuna spiegazione e ha assicurato di non avere installato software in grado di alterare i test.