Il Biscione cambia pelle per non cedere ai francesi
In ambienti romani circola insistentemente un’ipotesi di accordo per sistemare la diatriba Vivendi-Mediaset. E cioè: Mediaset ai francesi e riassetto dell’azionariato Telecom con Fininvest primo azionista al 15%, Cdp in affiancamento al 5-6%, quota residuale di “presenza” a Bollorè. L’unico modo di far tornare i conti con la legge Gasparri riassorbita nel Testo unico delle comunicazioni che l’Agcom sta facendo valere.
Tutto bene, dunque? Questione archiviata? « Si stanno facendo i conti senza l’oste», ribattono dalle parti di Cologno Monzese. «Non commentiamo le voci», rispondono da Parigi. Ma da entrambe le parti si bolla questo scenario come “fantafinanza” o “semplici fantasie”. Il muro contro muro tra le due media company dunque continua, mentre Telecom, per bocca del suo presidente Giuseppe Recchi, si chiama fuori: «Siamo solo spettatori». Nessuno può dire oggi come finirà. Ma sul versante aziendale, le mosse di Mediaset non sembrano essere coerenti con il profilo di chi è intenzionato ad alzare bandiera bianca.
Oggi a Londra Piersilvio Berlusconi, azionista tramite Fininvest e ad di Mediaset - con i suoi più stretti collaboratori - spiegherà agli analisti quali sono le strategie per continuare a gestire il gruppo fondato dalla famiglia trent’anni fa nel prossimo triennio al 2020. Se un merito va riconosciuto all’assedio francese, è quello di aver pungolato il Biscione a “darsi una mossa”, contando solo sulle proprie forze, che non sono poi disprezzabili. E facendo un bagno di realismo che impone di fare i conti con i vincoli di bilancio. La ricetta è semplice: meno costi, più ricavi. La declinazione è più articolata.
Anzitutto occorre affrontare e risolvere il problema Premium, che non è mai stata in pari da quando è nata, ormai dieci anni fa, e che oggi viaggia in rosso al ritmo di un centinaio di milioni l’anno. Per la pay-tv del gruppo si profila una riorganizzazione per renderla più “snella” (non si parla di esuberi in senso classico). Ma soprattutto una ridefinizione della missione: da piattaforma chiusa a uso e consumo della “casa”, a piattaforma aperta a chiunque, pagando, vorrà utilizzarla per diffondere i suoi contenuti. Una sorta di “Airbnb” dei canali a pagamento. La partecipazione alle prossime aste dei diritti del calcio viene confermata, ma a costi e con modalità che dovranno risultare compatibili con la profittabilità che si conta di recuperare non oltre il 2019, quando si esaurirà l’eredità degli onerosi diritti di trasmissione del triennio in corso. Forse anche prima se la formula Airbnb avrà successo. Poi ci sono le collaborazioni a livello internazionale: con Mediaset España, controllata del gruppo, ma anche con la formula delle partership innovative inaugurata con l’accordo appena annunciato con Prosiebensat e Tf1 per cogliere le opportunità della “democrazia digitale” che ha prodotto non solo nuovi talenti, ma per la piattaforma tedesca, in cui è entrato il Biscione, anche una profittabilità dell’ordine del 35%. E, non ultima, Publitalia: l’impegno è quello di tradurre le nuove iniziative in un aumento della quota pubblicitaria di Mediaset sul mercato, dal 37,4% di oggi a oltre il 39% nel 2020. Detto in soldoni, il tutto dovrà tradursi in 468 milioni di Ebit in più tra tre anni.
Il messaggio implicito per i francesi che sono diventati il secondo azionista non è nemmeno troppo velato: sapete fare di meglio? Spiegatecelo: pronti ad ascoltarvi.