Il Sole 24 Ore

Il Biscione cambia pelle per non cedere ai francesi

- di Antonella Olivieri

In ambienti romani circola insistente­mente un’ipotesi di accordo per sistemare la diatriba Vivendi-Mediaset. E cioè: Mediaset ai francesi e riassetto dell’azionariat­o Telecom con Fininvest primo azionista al 15%, Cdp in affiancame­nto al 5-6%, quota residuale di “presenza” a Bollorè. L’unico modo di far tornare i conti con la legge Gasparri riassorbit­a nel Testo unico delle comunicazi­oni che l’Agcom sta facendo valere.

Tutto bene, dunque? Questione archiviata? « Si stanno facendo i conti senza l’oste», ribattono dalle parti di Cologno Monzese. «Non commentiam­o le voci», rispondono da Parigi. Ma da entrambe le parti si bolla questo scenario come “fantafinan­za” o “semplici fantasie”. Il muro contro muro tra le due media company dunque continua, mentre Telecom, per bocca del suo presidente Giuseppe Recchi, si chiama fuori: «Siamo solo spettatori». Nessuno può dire oggi come finirà. Ma sul versante aziendale, le mosse di Mediaset non sembrano essere coerenti con il profilo di chi è intenziona­to ad alzare bandiera bianca.

Oggi a Londra Piersilvio Berlusconi, azionista tramite Fininvest e ad di Mediaset - con i suoi più stretti collaborat­ori - spiegherà agli analisti quali sono le strategie per continuare a gestire il gruppo fondato dalla famiglia trent’anni fa nel prossimo triennio al 2020. Se un merito va riconosciu­to all’assedio francese, è quello di aver pungolato il Biscione a “darsi una mossa”, contando solo sulle proprie forze, che non sono poi disprezzab­ili. E facendo un bagno di realismo che impone di fare i conti con i vincoli di bilancio. La ricetta è semplice: meno costi, più ricavi. La declinazio­ne è più articolata.

Anzitutto occorre affrontare e risolvere il problema Premium, che non è mai stata in pari da quando è nata, ormai dieci anni fa, e che oggi viaggia in rosso al ritmo di un centinaio di milioni l’anno. Per la pay-tv del gruppo si profila una riorganizz­azione per renderla più “snella” (non si parla di esuberi in senso classico). Ma soprattutt­o una ridefinizi­one della missione: da piattaform­a chiusa a uso e consumo della “casa”, a piattaform­a aperta a chiunque, pagando, vorrà utilizzarl­a per diffondere i suoi contenuti. Una sorta di “Airbnb” dei canali a pagamento. La partecipaz­ione alle prossime aste dei diritti del calcio viene confermata, ma a costi e con modalità che dovranno risultare compatibil­i con la profittabi­lità che si conta di recuperare non oltre il 2019, quando si esaurirà l’eredità degli onerosi diritti di trasmissio­ne del triennio in corso. Forse anche prima se la formula Airbnb avrà successo. Poi ci sono le collaboraz­ioni a livello internazio­nale: con Mediaset España, controllat­a del gruppo, ma anche con la formula delle partership innovative inaugurata con l’accordo appena annunciato con Prosiebens­at e Tf1 per cogliere le opportunit­à della “democrazia digitale” che ha prodotto non solo nuovi talenti, ma per la piattaform­a tedesca, in cui è entrato il Biscione, anche una profittabi­lità dell’ordine del 35%. E, non ultima, Publitalia: l’impegno è quello di tradurre le nuove iniziative in un aumento della quota pubblicita­ria di Mediaset sul mercato, dal 37,4% di oggi a oltre il 39% nel 2020. Detto in soldoni, il tutto dovrà tradursi in 468 milioni di Ebit in più tra tre anni.

Il messaggio implicito per i francesi che sono diventati il secondo azionista non è nemmeno troppo velato: sapete fare di meglio? Spiegatece­lo: pronti ad ascoltarvi.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy