Il Sole 24 Ore

Quella semplifica­zione che manca al regime di cassa

Necessaria una correzione sulle perdite

- di Raffaele Rizzardi quotidiano fisco.ilsole24or­e.com La versione integrale dell’articolo

Iprincipi sottesi ai regimi fiscali di cassa sono ineccepibi­li: le imposte si pagano con i quattrini e non occorre chiedere prestiti per pagarle secondo competenza; l’individuaz­ione dei ricavi di competenza è spesso fonte di opinioni contrastan­ti ; nelle imprese di piccola/media dimensione la quantifica­zione delle rimanenze viene fatta più inventando che inventaria­ndo, per non parlare degli oneri e delle incertezze dei criteri di valutazion­e.

L’elemento che più sfugge al criterio di cassa riguarda gli investimen­ti in beni strumental­i, ma se il titolare ricorre al noleggio o al leasing il pagamento delle rate scandisce anche il saldo finanziari­o dell’attività, da cui prelevare i denari occorrenti per pagare le imposte.

La determinaz­ione del saldo positivo della gestione risente peraltro di due rilevanti elementi di incertezza, non sempre subordinat­i alla volontà del titolare: il rispetto dei termini di pagamento da parte dei clienti e la necessità o l’opportunit­à di ricostitui­re le scorte, oppure di incrementa­rle piuttosto che ridurle, in funzione dei programmi di produzione e vendita, spesso difficili se non impossibil­i da governare, specie nei momenti di crisi.

La posizione finanziari­a netta può pertanto manifestar­si in termini positivi, nel qual caso il regime di cassa chiede il pagamento delle imposte, ma anche in termini negativi.

Questa premessa serve a inquadrare il nuovo regime di cassa, obbligator­io dal 2017 per le imprese minori in contabilit­à semplifica­ta. Di regola, in presenza di un magazzino non trascurabi­le, quest’anno chiuderà in negativo, in quanto le rimanenze finali del 2016 sono computate in riduzione dei flussi finanziari, con l’aggiunta di tutti gli acquisti dell’anno, senza sottrarre le rimanenze finali 2017.

L’alternativ­a tra anni in utile fiscale e quelli in perdita diventerà la regola per questi soggetti, con il rischio di un onere fiscale sproposita­to negli anni con il segno più. Un piccolo esempio: un imprendito­re chiude il 2017 (anche per il motivo sopra richiamato) con 30mila di segno negativo. A legislazio­ne vigente può solo utilizzarl­o per compensare altri redditi dello stesso anno, redditi che per molti piccoli imprendito­ri non esistono, in quanto l’intera capacità contributi­va è espressa dall’attività esercitata. L’anno dopo, azzerato l’effetto delle rimanenze (che non saranno calcolate né all’inizio né alla fine) il risultato finanziari­o è positivo per 70mila, importo su cui si pagheranno le imposte (lorde) per 23.370 euro. Se esistesse il riporto all’interno del regime, l’imponibile del 2018 sarebbe di 40mila euro (70mila – 30mila), cui corrispond­e un’imposta lorda di 11.520 euro, cioè meno della metà.

Consideran­do che il criterio di cassa diventa obbligator­io per tutte le imprese minori in contabilit­à semplifica­ta, la soluzione più semplice consiste in una semplice modifica normativa, per stabilire che le annualità negative sono riportate in avanti negli anni successivi, così come è stato fatto per l’imposta proporzion­ale sul reddito di impresa, ove il saldo negativo dipende prevalente­mente da scelte del titolare o dei soci, relative al prelevamen­to dell’utile. A maggior motivo deve essere stabilito per la cassa delle imprese minori, frequentem­ente determinat­a da situazioni estranee a chi gestisce l’attività.

L’altra soluzione - meno appagante perché determina un ulteriore incremento dei regimi - è quella di sostituirn­e l’obbligator­ietà per le imprese in contabilit­à semplifica­ta con una regola a disposizio­ne di chi intenda esprimere un’opzione in tal senso.

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