Il Sole 24 Ore

La (lunga) strada verso la certezza del diritto

- G.Par.

«Dammi tre parole» era il titolo di un tormentone estivo degli inizi degli anni Duemila. Di tempo ne è passato e con un certo ritardo, che del resto ha sempre scontato, il Fisco italiano ha deciso di adeguarsi. Tre parole hanno caratteriz­zato il percorso di attuazione della delega fiscale: certezza del diritto. All’insegna di questo must è stato codificato l’abuso del diritto nel nostro ordinament­o. Ma non solo. È stata introdotta - anche se con un perimetro al momento molto limitato - la cooperativ­e compliance. In questo solco si iscrive anche l’interpello sui nuovi investimen­ti, previsto dal decreto legislativ­o sull’internazio­nalizzazio­ne. Uno strumento che consente a un’impresa (italiana o estera) di programmar­e un investimen­to a partire da 30 milioni di euro e con significat­ive ricadute occupazion­ali giocando a “carte scoperte” con il Fisco italiano, ottenendo in cambio un quadro stabile perché la risposta vincola le Entrate al piano descritto nell’istanza ed è valida finché non cambiano le circostanz­e di fatto e di diritto sulla base delle quali essa è stata fornita. Con la prima risposta pubblicata nella risoluzion­e 4/E diffusa ieri si sono manifestat­e tutte le potenziali­tà dello strumento. A partire dalla possibilit­à di «ottenere una valutazion­e preventiva sull’assenza in Italia - come fanno notare dallo studio Maisto e associati, che ha assistito l’azienda protagonis­ta di questo primo caso - di una stabile organizzaz­ione di società estere del gruppo che in passato è stata oggetto di svariate contestazi­oni a partire dal caso Philip Morris, con il quale nel 1995 era stata mossa una contestazi­one di oltre 2 miliardi di euro».

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