La (lunga) strada verso la certezza del diritto
«Dammi tre parole» era il titolo di un tormentone estivo degli inizi degli anni Duemila. Di tempo ne è passato e con un certo ritardo, che del resto ha sempre scontato, il Fisco italiano ha deciso di adeguarsi. Tre parole hanno caratterizzato il percorso di attuazione della delega fiscale: certezza del diritto. All’insegna di questo must è stato codificato l’abuso del diritto nel nostro ordinamento. Ma non solo. È stata introdotta - anche se con un perimetro al momento molto limitato - la cooperative compliance. In questo solco si iscrive anche l’interpello sui nuovi investimenti, previsto dal decreto legislativo sull’internazionalizzazione. Uno strumento che consente a un’impresa (italiana o estera) di programmare un investimento a partire da 30 milioni di euro e con significative ricadute occupazionali giocando a “carte scoperte” con il Fisco italiano, ottenendo in cambio un quadro stabile perché la risposta vincola le Entrate al piano descritto nell’istanza ed è valida finché non cambiano le circostanze di fatto e di diritto sulla base delle quali essa è stata fornita. Con la prima risposta pubblicata nella risoluzione 4/E diffusa ieri si sono manifestate tutte le potenzialità dello strumento. A partire dalla possibilità di «ottenere una valutazione preventiva sull’assenza in Italia - come fanno notare dallo studio Maisto e associati, che ha assistito l’azienda protagonista di questo primo caso - di una stabile organizzazione di società estere del gruppo che in passato è stata oggetto di svariate contestazioni a partire dal caso Philip Morris, con il quale nel 1995 era stata mossa una contestazione di oltre 2 miliardi di euro».