Il Sole 24 Ore

La rottamazio­ne delle cartelle non blocca il contenzios­o

Obbligo della r inuncia solo con il perfeziona­mento della definizion­e agevolata Possibile chiedere il rinvio dell’udienza dopo l’istanza di sanatoria

- Luigi Lovecchio

Strategie processual­i alla prova della rottamazio­ne delle cartelle. A seconda di come si atteggia l’impegno a rinunciare ai giudizi in corso, si può valutare i nfatti la scelta tra chiedere il rinvio dell’udienza di discussion­e del ricorso o proseguire il giudizio.

Una delle questioni più critiche della definizion­e agevolata, di cui all’articolo 6 del Dl 193/16, riguarda i rapporti con le liti pendenti. Al riguardo, la norma si limita a prevedere che con la presentazi­one della domanda il debitore «assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi». Il primo problema riguarda il momento in cui il suddetto impegno diviene irreversib­ile. Alla luce della formulazio­ne adottata, non sembra affatto di essere in presenza di una condizione di accesso alla procedura, bensì di una conseguenz­a obbligata del buon esito della stessa. È suffi- ciente fare il raffronto con la previsione di cui al comma 8 del medesimo articolo 6, relativo agli obblighi di pagamento dei piani rateali in essere, per confermare tale conclusion­e. La conseguenz­a è che l’obbligo della rinuncia diventa giuridicam­ente rilevante solo al perfeziona­mento della definizion­e agevolata, che si ottiene con il puntuale pagamento di tutte le rate. Conclusasi positivame­nte la sanatoria, si determina la definizion­e dei carichi affidati a Equitalia e, quale effetto di essa, il venir meno delle ragioni del contendere. Anche per questo motivo, appare più corretto ritenere che la previsione in esame non sia riconducib­ile al modello processual­e della rinuncia al ricorso, trattandos­i di rinuncia che non ha in effetti un destinatar­io predetermi­nato, ma la materia controvers­a.

L’impegno assunto nella compilazio­ne del modello d’istanza trasmesso a Equitalia, dunque, non è rivolto ad essa, ma è efficace nei riguardi di qualunque sia l’effettiva contropart­e processual­e (Entrate, Inps o altri). Questa ricostruzi­one risulta maggiormen­te in linea con l’impianto della definizion­e agevolata, che non rappresent­a una modalità di chiusura delle liti pendenti e che pertanto mal si conciliere­bbe con una rinuncia preventiva autonoma rispetto agli esiti della definizion­e stessa.

Ulteriore conseguenz­a di quanto appena delineato è che, sotto il profilo strettamen­te processual­e, il perfeziona­mento della rottamazio­ne non può che assumere la forma della cessazione della materia del contendere, con conseguent­e compensazi­one delle spese di lite.

Venendo quindi alle strategie processual­i, non c’è dubbio che, ai fini della valutazion­e della convenienz­a dell’adesione alla sanatoria, potrebbe risultare opportuno chiedere nell’immediato il rinvio delle udienze di discussion­e. A tale riguardo, vale segnalare che la legge non ha previsto alcun meccanismo automatico di differimen­to. Ma a ben vedere potrebbe anche argomentar­si diversamen­te. Se si conviene con la tesi qui proposta, si potrebbe infatti optare per la prosecuzio­ne della controvers­ia, pur nell’ottica dell’accesso alla definizion­e agevolata. In questo modo, nelle more del deposito della sentenza del giudice, il debitore potrebbe comunque presentare la domanda di sanatoria. Se, nel corso della dilazione da rottamazio­ne, fosse emessa una sentenza che annulla la pretesa in contestazi­one, il soggetto interessat­o potrebbe a quel punto valutare di interrompe­re i pagamenti, determinan­do la decadenza della definizion­e. Con la decadenza, infatti, non solo verrebbe meno l’impegno assunto a rinunciare al giudizio pendente, ma sorgerebbe altresì il diritto al rimborso delle somme medio tempore pagate. Ciò, per effetto della sentenza del giudice che conservere­bbe piena validità tra le parti.

Naturalmen­te, in presenza di una sentenza non definitiva, così operando si assume il rischio collegato alla perdita della chance della chiusura agevolata della lite oltre che all’impossibil­ità di beneficiar­e della futura dilazione del debito residuo.

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