La rottamazione delle cartelle non blocca il contenzioso
Obbligo della r inuncia solo con il perfezionamento della definizione agevolata Possibile chiedere il rinvio dell’udienza dopo l’istanza di sanatoria
Strategie processuali alla prova della rottamazione delle cartelle. A seconda di come si atteggia l’impegno a rinunciare ai giudizi in corso, si può valutare i nfatti la scelta tra chiedere il rinvio dell’udienza di discussione del ricorso o proseguire il giudizio.
Una delle questioni più critiche della definizione agevolata, di cui all’articolo 6 del Dl 193/16, riguarda i rapporti con le liti pendenti. Al riguardo, la norma si limita a prevedere che con la presentazione della domanda il debitore «assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi». Il primo problema riguarda il momento in cui il suddetto impegno diviene irreversibile. Alla luce della formulazione adottata, non sembra affatto di essere in presenza di una condizione di accesso alla procedura, bensì di una conseguenza obbligata del buon esito della stessa. È suffi- ciente fare il raffronto con la previsione di cui al comma 8 del medesimo articolo 6, relativo agli obblighi di pagamento dei piani rateali in essere, per confermare tale conclusione. La conseguenza è che l’obbligo della rinuncia diventa giuridicamente rilevante solo al perfezionamento della definizione agevolata, che si ottiene con il puntuale pagamento di tutte le rate. Conclusasi positivamente la sanatoria, si determina la definizione dei carichi affidati a Equitalia e, quale effetto di essa, il venir meno delle ragioni del contendere. Anche per questo motivo, appare più corretto ritenere che la previsione in esame non sia riconducibile al modello processuale della rinuncia al ricorso, trattandosi di rinuncia che non ha in effetti un destinatario predeterminato, ma la materia controversa.
L’impegno assunto nella compilazione del modello d’istanza trasmesso a Equitalia, dunque, non è rivolto ad essa, ma è efficace nei riguardi di qualunque sia l’effettiva controparte processuale (Entrate, Inps o altri). Questa ricostruzione risulta maggiormente in linea con l’impianto della definizione agevolata, che non rappresenta una modalità di chiusura delle liti pendenti e che pertanto mal si concilierebbe con una rinuncia preventiva autonoma rispetto agli esiti della definizione stessa.
Ulteriore conseguenza di quanto appena delineato è che, sotto il profilo strettamente processuale, il perfezionamento della rottamazione non può che assumere la forma della cessazione della materia del contendere, con conseguente compensazione delle spese di lite.
Venendo quindi alle strategie processuali, non c’è dubbio che, ai fini della valutazione della convenienza dell’adesione alla sanatoria, potrebbe risultare opportuno chiedere nell’immediato il rinvio delle udienze di discussione. A tale riguardo, vale segnalare che la legge non ha previsto alcun meccanismo automatico di differimento. Ma a ben vedere potrebbe anche argomentarsi diversamente. Se si conviene con la tesi qui proposta, si potrebbe infatti optare per la prosecuzione della controversia, pur nell’ottica dell’accesso alla definizione agevolata. In questo modo, nelle more del deposito della sentenza del giudice, il debitore potrebbe comunque presentare la domanda di sanatoria. Se, nel corso della dilazione da rottamazione, fosse emessa una sentenza che annulla la pretesa in contestazione, il soggetto interessato potrebbe a quel punto valutare di interrompere i pagamenti, determinando la decadenza della definizione. Con la decadenza, infatti, non solo verrebbe meno l’impegno assunto a rinunciare al giudizio pendente, ma sorgerebbe altresì il diritto al rimborso delle somme medio tempore pagate. Ciò, per effetto della sentenza del giudice che conserverebbe piena validità tra le parti.
Naturalmente, in presenza di una sentenza non definitiva, così operando si assume il rischio collegato alla perdita della chance della chiusura agevolata della lite oltre che all’impossibilità di beneficiare della futura dilazione del debito residuo.