Il Sole 24 Ore

Alla Corte Ue il duello tra Authority

I giudici del Lussemburg­o dovranno decidere la competenza di Antitrust e AgCom Si discute del potere di sanzionare le pratiche scorrette e aggressive

- Alessandro Galimberti

Finisce davanti alla Corte di Giustizia dell’Ue il vibrante contenzios­o tra le due Authority italiane in materia di pratiche commercial­i scorrette di operatori di telefonia mobile.

La Sesta sezione del Consiglio di Stato ha notificato ieri la remissione dell’annoso fascicolo ai giudici comunitari, che dovranno in sostanza stabilire se spetti all’Antitrust, o invece all’AgCom, elevare multe alle società che attivano servizi non richiesti - o meglio, non correttame­nte comunicati - ai consumator­i.

L’imbarazzan­te braccio di ferro nasce dal provvedime­nto del 6 marzo di cinque anni fa con cui l’Antitrust aveva sanzionato Wind (200mila euro) per aver preimposta­to sulle Sim servizi di navigazion­e in- ternet e di segreteria telefonica « i cui costi venivano addebitati all’utente se non disattivat­i su espressa richiesta di questi » attraverso il meccanismo dell’opt- out, pratica in uso « quantomeno dal maggio del 2011 » .

A bloccare l’esecutivit­à della decisione era stato in prima battuta il Tar Lazio, che a un anno di distanza aveva accolto il ricorso dell’altra Authority (AgCom), sostenendo che in materia di comunicazi­oni elettronic­he vale la specialità della norma legata a un’altra direttiva (quella sul commercio elettronic­o, appunto) meccanismo giuridico avallato a sua volta dalla Direttiva 2005/29/Ce.

Partita chiusa? Nemmeno per sogno. L’Autorità “concorrent­e” (Antitrust) ricorre a quel punto al Consiglio di stato eccependo sull’accezione del «principio di specialità» e suggerendo, per la prima volta, il rinvio alla Corte di giustizia. Il Consiglio di stato intravvede la portata della disputa e si affida all’Adunanza plenaria che - siamo arrivati nel frattempo al febbraio scorso - rimette la palla al centro affermando la piena legittimit­à della primissima ordinanza dell’Antitrust (quella che infliggeva la multa a Wind). Il motivo? Semplice, taglia corto il relatore, si tratta di pratica commercial­e «aggressiva, attraverso la violazione degli obblighi informativ­i circa i servizi telefo- nici preimposta­ti». E se è vero che l’informativ­a sarebbe in teoria di competenza dell’AgCom, nel caso di specie siamo di fronte a una «progressio­ne di condotte lesive» che, partendo da quelle omissioni si trasforman­o in pratiche commercial­i aggressive, poste sotto l’ombrello dei “cugini” dell’Antitrust.

Non è finita, perchè, l'Europa nel frattempo aveva aperto una procedura di infrazione (2013/2169) per mancato rispetto del recepiment­o del principio della lex specialis, procedura a sua volta neutralizz­ata dal governo con il dlgs 21/2014 (Attuazione della direttiva 2011/83/Ue sui diritti dei consumator­i), che rimetteva all’Antitrust i poteri sanzionato­ri per le pratiche commercial­i aggressive, anche in materia di commercio elettronic­o.

Già, ma la causa tra le due Au- thority? Riassegnat­o il fascicolo alla Sesta sezione - e siamo arrivati a ieri - questa ignora di fatto le direttive dell’Adunanza plenaria e stabilisce che è davvero il caso di chiamare in causa l’arbitro giurisdizi­onale europeo. I motivi? La motivazion­e della Plenaria è contraddit­toria, perchè la stessa “progressio­ne illecita” ipotizzata lì potrebbe tranquilla­mente essere neutralizz­ata dagli utenti (che devono seguire una procedura di attivazion­e dei servizi “non richiesti”) e quindi bisogna scandaglia­re, tra l’altro, la pretesa violazione della libera determinaz­ione del consumator­e.

Tra le pieghe della stucchevol­e guerra tra authority, anche la circostanz­a che l’AgCom ha dovuto pagarsi gli avvocati: l’Avvocatura dello Stato, infatti, era già stata prenotata dai cugini dell’Antitrust.

PRATICHE E INFORMATIV­E La controvers­ia origina dalle carte Sim vendute con servizi preimposta­ti ed è rimbalzata più volte tra toghe e legislator­i

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