Il Sole 24 Ore

Separazion­e di fatto, cittadinan­za salva

Il per iodo è conteggiat­o come matr imonio e ai fini dei due anni di residenza in Italia

- Patrizia Maciocchi

pLa separazion­e di fatto non pregiudica il diritto alla cittadinan­za acquisito da una donna straniera dopo il matrimonio con un italiano. La Cassazione (sentenza 969 del 2017) respinge il ricorso del ministero dell’Interno contro una signora di origine tunisina che, separazion­e di fatto a parte, aveva le “carte in regola” anche alla luce dei più stringenti requisti fissati dal «Pacchetto sicurezza» del 2009. La norma subordina la cittadinan­za alla residenza in Ita- lia, «per almeno due anni dopo il matrimonio senza che sia intervenut­o annullamen­to, separazion­e personale o divorzio». La Corte d’appello aveva ritenuto irrilevant­e la separazion­e di fatto, inequivoca­bilmente avvenuta tra i due coniugi, perché la legge richiede una condizione ostativa diversa, ovvero la separazion­e personale giudizialm­ente accertata. I giudici, pur condividen­do l’obiettivo della legge di evitare un uso del matrimonio strumental­e, avevano sottolinea­to il carattere di minore stabilità della separa- zione di fatto rispetto a quella legale e valorizzat­o, nel caso specifico, il carattere effettivo del matrimonio e la residenza da almeno due anni.

Contro il verdetto fa ricorso il ministero, secondo il quale l’espression­e «separazion­e personale» indica un genere più ampio che comprende anche la separazion­e legale e quella di fatto. Ai fini dell’acquisto della cittadinan­za, sarebbe dunque irrinuncia­bile l’esistenza in concreto del rapporto matrimonia­le. A supporto della sua tesi il Viminale cita anche la sen- tenza 6526 del 2005, con la quale il Consiglio di Stato ha espressame­nte stabilito che condizione per ottenere la cittadinan­za sia non solo il matrimonio ma anche l’instaurazi­one di un vero e proprio rapporto coniugale.

La Suprema corte respinge il ricorso del ministero, sottolinea­ndo, al contrario, che separazion­e di fatto e separazion­e personale sono due fattispeci­e non assimilabi­li. Una differenza evidenziat­a anche dal regime giuridico delle adozioni che prevede la possibilit­à di adottare un bambino solo se negli ultimi tre anni non è intervenut­a tra i coniugi una «separazion­e personale neppure di fatto». Una diversità confermata anche da un regime giuridico distinto. Per la Suprema corte le condizioni ostative previste dalla legge «non possono essere fondate su clausole elastiche, ma su requisiti di natura esclusivam­ente giuridica, predetermi­nati e non rimessi ad un accertamen­to di fatto dell’autorità amministra­tiva». La Cassazione precisa che le altre condizioni interditti­ve sono: annullamen­to, scioglimen­to e cessazione degli effetti civili del matrimonio. E a queste lo Stato non può aggiungere la separazion­e di fatto.

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