Nicastro: le regole Ue hanno frenato i salvataggi
Roberto Nicastro, presidente delle good banks: «Missione compiuta»
« Lcessione a un gruppo forte e attento al territorio come Ubi rappresenta una svolta per i tre istituti, per i loro clienti e le risorse, ed è un segnale importante per il sistema italiano » . Roberto Nicastro - presidente per le Nuove Banca Marche, Banca Etruria e CariChieti - non nasconde una sobria soddisfazione .
«La procedura di risoluzione, scattata 14 mesi fa, ha imposto la cessione in tempi strettissimi di tre banche in crisi e capitale azzerato, e non ha dato molto spazio per ristrutturazioni. La cessione a un gruppo forte e attento al territorio come Ubi rappresenta una svolta per i tre istituti, per i loro clienti e le risorse, ed è un segnale importante per il sistema italiano».
Roberto Nicastro, ex top manager di UniCredit - presidente indicato dal Fondo di Risoluzione di Bankitalia a fine 2015 per le Nuove Banca Marche, Banca Etruria e CariChieti - non nasconde una sobria soddisfazione per la prossimità delle tre banche al salvataggio definitivo. A breve, entro stasera è atteso l’ok finale dei dipendenti, si materializzerà un elemento importante anche per il salvataggio di Nuova Carife nel contesto della possibile confluenza in un altro gruppo forte, Bper.
pDottor Nicastro, per lei la missione manageriale può dirsi quasi compiuta. Ma il sospiro di sollievo è soprattutto per i clienti delle tre banche che ora, col passaggio sotto la proprietà di Ubi, sono tranquilli. Il salvataggio tuttavia e' stato complesso. Ci può dire in che condizioni sono arrivate le banche 14 mesi fa alla risoluzione?
Ora posso dire che le ore di quel salvataggio furono molto complesse. Le banche erano al dissesto e senza capitale. In quei giorni di fine 2015 sotto la guida della Banca d’Italia e del Mef il sistema bancario si è fatto carico di una ricapitalizzazione d’urgenza da 1,8 miliardi in un week end, per permettere alle filiali di poter riaprire il lunedì mattina. E le polemiche seguite alla Risoluzione scatenarono una corsa agli sportelli.
Etruria, Marche, Chieti. In quelle 24 ore di fine 2015 gli azionisti hanno perso tutto, gli obbligazionisti subordinati pure. Non si poteva proprio fare altrimenti?
Le tre banche erano sostanzialmente fallite. La Risoluzione ha evitato il bail in, che sarebbe entrato in vigore dal 1 gennaio del 2016, e avrebbe determinato un serio pericolo per i depositi dei 900mila clienti dei tre istituti, per le sorti delle 180mila piccole e medie imprese clienti, avrebbe richiesto l’iniezione immediata di quasi 11 miliardi alle banche del sistema e potenzialmente generato un effetto contagio. Sugli obbligazionisti subordinati i decreti governativi hanno per fortuna avviato un percorso di indennizzo che dovrebbe alla fine essere molto ampio.
In quei giorni di fine 2015 l'Italia del credito ha rischiato più di quanto si sia raccontato fino a oggi?
Non dico questo, ma a fronte della rigidità delle norme europee, evitare il bail-in fu fondamentale.
Qualcuno pagherà per gli errori del passato?
Diverse azioni di responsabilità sono già partite e i magistrati sono al lavoro, abbiamo anche cercato di far disporre sequestri cautelativi dei beni degli amministratori chiamati in causa, ma sin qui con pochi risultati.
Il salvataggio, anche se l’acquirente Ubi non lo definisce tale, poteva avvenire a condizioni diverse se non vi fossero stati i diktat della Ue sui tempi delle cessioni? È stato possibile in questi mesi portare avanti un serio piano di ristrutturazione?
Il mandato della Risoluzione era quello di cedere le banche e i tempi imposti dalla Ue hanno reso impossibile una vera ristrutturazione industriale. Prima un obbligo di cinque mesi per la vendita, poi una proroga di altri 5 mesi ma annunciata in extremis. Poi un’altra proroga sempre in extremis. Impossibile programmare il futuro in queste condizioni, senza un orizzonte stra- tegico definibile. E senza poter fare scelte che dipendevano da chi avrebbe comprato, basti pensare a un fattore decisivo come i marchi o i sistemi informativi. Non ha aiutato la tempesta mediatica nel frattempo scattata su Banca Etruria, per motivazioni più politiche che finanziarie. Né le molteplici e durature incognite contabili, legali e fiscali. Data la situazione d’emergenza, la navigazione è stata a vista. Malgrado le difficoltà, manager e dipendenti delle tre banche hanno saputo trattenere la clientela, come dimostrano i 30mila nuovi mutui erogati e gli 11 miliardi di nuovo credito a 100mila clienti e l’abbassamento di mezzo punto del costo della raccolta.
Il tardivo salvataggio delle tre good banks, anche a causa dei paletti della Ue, non ha però impedito il calo della raccolta e degli impieghi. Che lezione si può trarre per il futuro?
La prima lezione è che è indispensabile separare la good banks dalla bad bank pienamente e il prima possibile. La seconda è che bisogna evitare tempi troppo stretti e predefiniti per la successiva cessione delle banche salvate perché così oltre a impedire una ristrutturazione si indebolisce il potere negoziale nella cessione.
Cariferrara quando sarà salvata?
Credo che sia questione di settimane. Entro oggi attendiamo l’adesione dei dipendenti alle offerte di uscita, anche grazie al costruttivo supporto dei sindacati. Poi si andrà a chiudere con l’acquirente (gruppo Bper, ndr).
Per lei missione compiuta. Che farà ora?
In realtà per arrivare al completamento ci sono ancora alcuni mesi intensi. Per un po' conto di tornare a godermi la famiglia e le montagne. Poi si vedrà.
«È stata una svolta per gli istituti, i territori, i clienti. Per il sistema, un segnale importante»