Il Sole 24 Ore

Orlando: civile e carcere fuori dall’emergenza Ma in Parlamento riforme della giustizia al palo

La relazione del guardasigi­lli sull’amministra­zione giudiziar ia: «L’Italia migliora, ora vicini alle medie europee» - Meno detenuti Orlando: un errore non aver approvato la riforma penale - «Sproporzio­nata reazione Anm su pensioni»

- Stasio e Turno u

«Sconfitte le emergenze del processo civile e del carcere». Lo ha rilevato cifre alla mano il ministro della Giustizia Orlando nella relazione sull’amministra­zione giudiziari­a. Ma in Parlamento le riforme della giustizia penale e civile sono ancora al palo.

pÈ un lungo elenco di successi conseguiti nel 2016 quello che Andrea Orlando rivendica davanti al Parlamento con la relazione sull’amministra­zione della giustizia, a cominciare dalle due vere emergenze - carcere e arretrato civile - considerat­e ormai sconfitte, visto che i detenuti sono a quota 54.653 (10mila in meno in tre anni) e le cause pendenti sono scese sotto i 4milioni (3.800.000, seppure al netto dell’attività del giudice tutelare, che conta 395.335 procedimen­ti). E poi: anche i processi penali pendenti sono diminuiti, nell’ultimo anno di ben 7 punti percentual­i (3.229.284); le assunzioni del personale amministra­tivo si sono ripartite dopo 18 anni di blocco; l’organizzaz­ione degli uffici ha beneficiat­o di investimen­ti per oltre 1 miliardo e 700 milioni, e il clima generale è «più disteso». In generale, «i numeri si avvicinano sensibilme­nte alla media europea» assicura il guardasigi­lli. Che fa una sola autocritic­a, là dove definisce un «errore» (evidenteme­nte politico) non aver approvato, «quando c’è stata la finestra necessaria», la riforma del processo penale (che tra l’altro contiene le norme su prescrizio­ne e intercetta­zioni), augurandos­i che «le prossime finestre non restino inutilizza­te». Un’autocritic­a che, in controluce, è più una critica all’ex premier Matteo Renzi, responsabi­le dello stop al voto di fiducia (sollecitat­o da Orlando) sul provvedime­nto prima del referendum costituzio­nale, e quindi dell’impantanam­ento della riforma. Nessuna critica o autocritic­a, invece, sulle tensioni con l’Anm, sfociate nella decisione delle toghe di disertare la cerimonia del 26 gennaio in Cassazione per l’inaugurazi­one dell’anno giudiziari­o. Una decisione senza precedenti contro il governo, che ha varato il Dl 168/2016 di proroga dell’età pensionabi­le dei soli vertici della suprema Corte e poi è venuto meno all’impegno di sanare quel «vulnus». «Non la reputo tra le questioni più importanti» ha risposto Orlando in sede di replica, ai senatori che lo rimprovera­no di non aver sfiorato l’argomento nella relazione. «Francament­e, credo che la materia del contendere, che può essere rilevante per lo statuto dei magistrati, non sia una questione fondamenta­le per il funzioname­nto della giustizia», ha aggiunto, definendo «sproporzio­nate» le reazioni dell’Anm, anche perché «nel frattempo sono cambiati il governo e il presidente del Consiglio».

Ma la relazione con cui que- st’anno Orlando ha riferito al Parlamento ha un respiro politico più ampio del passato, perché parte dall’«impatto» della globalizza­zione sugli ordinament­i nazionali e sullo «scarto impression­ante tra questi fenomeni e gli strumenti di cui disponiamo per misurarci con essi». Come dire che ormai si legifera con uno sguardo diverso, attraverso convenzion­i, accordi intergover­nativi, meccanismi decisional­i fondati sulla condivisio­ne di poteri, da cui «finiscono per dipendere le stesse caratteris­tiche del diritto interno». A questo proposito il ministro ha ricordato la battaglia italiana per la nascita di una Procura europea «con un livello alto di indipenden­za e di efficienza», competente, in prospettiv­a, anche su mafia e terrorismo, ma stoppata dall’Ue per la «miopia» di alcuni Stati, tant’è che l’Italia si è opposta alla creazione di un ufficio «svuotato» dei mezzi necessari.

La «priorità», comunque, è «la cooperazio­ne giudiziari­a» e su questo fronte l’Italia ha dato un forte contributo e ha fatto passi da gigante. Così pure nel potenziare la cooperazio­ne bilaterale con i Paesi extra-Ue per il contrasto al terrorismo, al crimine organizzat­o, alla corruzione. Tutti gli strumenti a disposizio­ne «per rafforzare la rete sovranazio­nale ed europea sono stati utilizzati» ha detto Orlando, ricordando, peraltro, che l’Europa è anche «comunità di valori», «presidio a difesa della centralità della persona e riconoscim­ento di fondamenta­li esigenze e bisogni individual­i e sociali». Il nostro sistema giuridico e istituzion­ale «protegge» i diritti dei cittadini ed è «un argine contro le pericolose derive populiste». «Fare giustizia non può mai significar­e ricerca del consenso», ha aggiunto, ma una giustizia efficiente, autorevole e giusta presuppone anche che «la ricchezza della nazione non sia fortemente diseguale». Parole da ministro della Giustizia, ma anche programma politico da cui ripartire.

ARGINE AL POPULISMO «Il nostro sistema giuridico è un argine contro le pericolose derive populiste. Fare giustizia non può significar­e ricerca del consenso»

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