Le ombre di Brexit e Trump dietro l’appello a non dividersi
Ci sono diverse ragioni di irritazione fra Berlino e Roma. Qualcuna è più recente, come il caso delle emissioni dei gas di scarico, il dieselgate nel quale è stata implicata la Volkswagen e che ora il ministro dei Trasporti tedesco, Alexander Dobrindt, un bavarese finora noto per aver dato del “falsario” al presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, e aver proposto pedaggi autostradali che si applichino solo agli stranieri, vuole deflettere sulla Fiat. C’è la vicenda delle banche: sul colossale salvataggio con denaro pubblico di quelle tedesche è stata messa una pietra sopra con il passaggio nelle regole dal bail-out al bail-in, e ora la Germania si oppone all’uso di fondi pubblici da parte italiana, in modo che sconfesserebbe immediatamente il nuovo regime, che l’Italia ha approvato ma è riluttante ad applicare. C’è la querelle di più lunga data sulla disciplina di bilancio: il ministero delle Finanze tedesco lo chiude da tre anni in attivo e le continue richieste di flessibilità da parte dei colleghi italiani sono, a dir poco, malviste, mentre a Roma pesa l’accanimento sull’austerità “dei decimali”.
Il cancelliere Angela Merkel, tuttavia, è un tipo pratico e non le sembra certo questo il momento di attizzare polemiche. Non con Brexit che proprio in questi giorni è diventata “hard Brexit” e non con Donald Trump alle porte, che per di più ha deciso di mettere lei, l’Unione europea e la Nato nel mirino. E allora «il fine ultimo è che l’Europa non si lascia dividere e ce ne assicureremo con contatti molto stretti», ha detto ieri dopo l’incontro con il nuovo presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Si riferiva a Brexit, ma sullo sfondo c’era senz’altro nella sua mente anche l’ombra di Trump. Gentiloni l’ha assecondata su Brexit e il suo richiamo ai valori dell’Europa è sembrato un’eco di quello fatto dal cancelliere dopo le elezioni americane.
Di banche non si è parlato e sull’auto c’è stata la semplice annotazione da parte del presidente del Consiglio che le regole europee indicano che ogni Paese sia responsabile a casa sua. Un richiamo alla regole, in Germania, non stona mai. Si sono enfatizzati invece i punti in comune: anzi tutto lo sviluppo dell’industria 4.0 cui è stata dedicata la giornata dai rispettivi ministri dell’Industria e dai rappresentanti delle associazioni imprenditoriali. Per la Germania, è un tema così importante da averne fatto uno dei punti dell’agenda del G-20 di cui ha quest’anno la presidenza. E con l’Italia su questo c’è una notevole affinità, sulla quale si punta molto anche nel nostro Paese. Il documento delle due Confindustrie sull’accesso al credito, sottoscritto anche dagli imprenditori di un Paese dove oggi l’accesso al credito è un problema inesistente, è un successo di questa collaborazione. L’alto tema dove c’è ampia consonanza è quello dell’immigrazione, nel quale l’Italia è in prima linea e la Germania il Paese che ha registrato il numero più alto di arrivi. «Non possono essere 3 o 4 Paesi a sopportarne tutto il peso», ha osservato Gentiloni, lamentando i due pesi e due misure della rigidità sui conti pubblici e la “flessibilità” nell’applicare le decisioni comuni sui migranti. Anche su questo Angela Merkel, per la quale l’immigrazione è il vero incubo della prossima campagna elettorale, non
I PUNTI IN COMUNE Sono stati volutamente enfatizzati ma su Industria 4.0 c’è una notevole affinità così come sull’immigrazione
IL TIMORE DI BERLINO L’Italia ancora più della Francia rischia di essere la breccia più grave nella barriera anti-populista eretta dalla Merkel
poteva non trovarsi d’accordo.
L’incontro era cominciato con il cancelliere che fa gli auguri di «molta forza per la risoluzione di tutti i problemi» al suo collega italiano. Un rituale che a Berlino rischia di sembrare un po’ ripetitivo, visto che in poco più di cinque anni è stato replicato con Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi e ora Gentiloni. Con uno stile più pacato di quello di Renzi, Gentiloni forse risulta di più facile sintonia temperamentale alla signora Merkel, un po’ come avveniva con Monti e Letta. Ma in Renzi era convinta di aver trovato una controparte che avesse alla sue spalle, almeno nelle prima parte del suo mandato, un sostegno popolare che mancava agli altri.
La vera preoccupazione di Berlino è il rischio che l’Italia, ancor più della Francia, possa essere la breccia più grave nella diga anti- populista che la signora Merkel sta cercando di erigere nel suo Paese e in Europa. I segnali che sono venuti dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti e le azioni di disturbo che in Germania si aspettano dalla Russia non fanno che accentuare questa preoccupazione. Se non fosse altro che per questo, gli auguri a Gentiloni erano sentiti.