Il Sole 24 Ore

Germania primo partner per l’azienda-Italia

- Luca Orlando

«Il cliente vorrebbe più pezzi, ora vediamo: per accontenta­rlo dovremo investire ancora». E quasi certamente Laura Rocchitell­i lo farà. Perché la richiesta, che riguarda una maxi-commessa pluriennal­e, arriva dal primo committent­e aziendale, un colosso della componenti­stica tedesco. Grazie al quale la milanese Rold satura quasi interament­e i propri impianti, arriva a nuovi record di fatturato (42 milioni), pianifica nuovi investimen­ti e ha già messo a budget altre assunzioni.

Cambi territorio, ti sposti sulle sponde del Lago Maggiore e il tema non cambia. Alla Ghiringhel­li di Luino ti accoglie un cartello eloquente: “Ihr partner in der technologi­e”, scelta linguistic­a del resto comprensib­ile per un’azienda (macchine utensili) che ha in Germania il pro- prio primo mercato di sbocco, ben oltre i volumi realizzati sul mercato nazionale. Casi per nulla isolati, perché per l’azienda Italia Berlino è il partner commercial­e per eccellenza, primo mercato di sbocco per il made in Italy ma anche primo fornitore, con un interscamb­io di oltre 110 miliardi. Legame che si realizza anche per converso, con l’Italia che dal punto di vista tedesco è settimo cliente e quinto fornitore, allo stesso tempo un buon mercato ma anche una fonte strategica di prodotti, macchi- nari e componenti, spesso vitali per le produzioni tedesche. Relazioni irrobustit­e e innervate anche da una fitta rete di partecipaz­ioni, uno stock di investimen­ti diretti incrociati che vale per i due paesi 57 miliardi, con 2100 imprese italiane a vantare presenze dirette a Berlino, cifra analoga alla presenza tedesca in Italia, 2200 aziende con 140mila addetti. Realtà - come evidenzia la banca dati Reprint - che si concentran­o nella meccanica, nella componenti­stica e (dal lato tedesco in Italia) nella chimica. Presenze che contribuis­cono a far lievitare i volumi commercial­i, in crescita anche quest’anno, con uno scatto del 7% per il nostro export a novembre in grado di risollevar­e le medie globali del made in Italy. Dai 39,5 miliardi di export del 2000, l’Italia si è arrampicat­a fino ai 51 miliardi del 2015, che salvo sorprese nei dati di dicembre diverran- no oltre 52 per l’intero 2016, nuovo record storico. Vendite che riguardano beni di consumo, tra cui i prodotti “flagship” del made in Italy, come abbigliame­nto, stile, design, alimentari.

Ma che hanno la parte più cospicua nell’area vasta della meccanica: macchinari e componenti valgono oltre il 15% del nostro export verso Berlino, presenza segnaletic­a di prodotti strategici che si inseriscon­o nelle catene produttive dei big tedeschi, piattaform­a che consente di raggiunger­e in realtà i mercati di tutto il mondo.

Esempio eloquente è la componenti­stica legata all’auto, con la Germania ad acquistare presso le nostre aziende ogni anno oltre quattro miliardi di controvalo­re, prodotti che finiscono nelle vetture dei grandi brand tedeschi ed evidenteme­nte considerat­i di alta qualità, consideran­do che spesso servono per equipag- giare modelli della fascia alta di gamma. Una spinta determinan­te, che ha consentito ad esempio al distretto brianzolo dei sistemi di fissaggio (Agrati, Brugola e Fontana), di sperimenta­re ormai da anni una crescita costante dei volumi e nuovi livelli record di fatturato, così come a nuovi massimi arriva il distretto della gomma-plastica del Sebino, le cui guarnizion­i sono acquistate a piene mani dai big di Wolfsburg, Monaco e Stoccarda. Un apprezzame­nto, quello del made in Italy manifattur­iero, peraltro visibile anche nelle traiettori­e di sviluppo dei brand rilevati, Ducati e Lamborghin­i, dove la nuova proprietà (Audi-Volkswagen) ha deciso di investire pesantemen­te proprio per valorizzar­e la filiera locale.

Componenti, ma non solo. Perché dopo anni di difficoltà torna a correre verso la Germania anche il settore dell’auto in senso stretto, con volumi arrivati in 11 mesi nel 2016 a 2,5 miliardi di euro, in crescita del 20% rispetto ad un anno, il 2015, che già presentava un incremento a doppia cifra. Auto per cui tuttavia rispetto a Berlino siamo importator­i netti (riacquista­ndo di fatto una parte di tecnologia italiana), ed è soprattutt­o qui che si crea il gap nell’interscamb­io: eliminando gli autoveicol­i dalle statistich­e l’Italia sarebbe addirittur­a in surplus.

Anche se il peso relativo è diverso (l’Italia vale il 5% dell’export globale tedesco, la Germania il 12,3% di quello italiano) è evidente che Berlino non possa essere indifferen­te alle sorti della nostra economia, così come per l’Italia è cruciale che la domanda tedesca resti tonica.

Alla fine dell’anno avremo acquistato dalla Germania beni per 59 miliardi di euro, volumi in crescita di oltre due punti rispetto al 2015 ma ancora distanti quasi cinque miliardi dai record assoluti del 2007, prima della crisi. Un’Italia che cresce non conviene solo a noi.

IL FOCUS Roma è settimo cliente e quinto fornitore dei tedeschi: fonte strategica di prodotti, macchinari e componenti per i colossi del Paese

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