Gli hedge puntano sul super-dollaro
«Nell’incertezza gli investitori prima agiscono e poi capiscono», recita un antico adagio di Borsa. Sul mercato delle valute sta accadendo qualcosa di simile. La vittoria di Trump ha spinto gli investitori a puntare (nell’incertezza) sul super-dollaro. In attesa di vedere (capire) se le politiche che il 45esimo presidente degli Usa attuerà andranno nella direzione di un rafforzamento di tassi e inflazione Usa e quindi, inevitabilmente, del biglietto verde.
Per avere un’idea sui prossimi movimenti sulle valute può essere utile osservare come la “pensano” gli investitori considerati “speculative” (tra questi la categoria più consistente è rappresentata dagli hedge fund) attraverso le posizioni long (al rialzo) o short (al ribasso). Gli ultimi dati a disposizione - diffusi dalla Commodity futures trading commission del Cme e relativi al 10 gennaio - indicano che i fondi speculativi in questa fase sono posizionati al ribasso sulle principali valute rispetto al dollaro. In particolare su yen, euro e sterlina. Questi dati ci aiutano a capire anche che a ottobre 2016 la posizione “short” nei confronti della sterlina (oltre 97mila contratti netti aperti al ribasso) ha toccato il livello più alto degli 7I fondi speculativi, detti anche fondi hedge, nascono negli Stati Uniti negli primi anni ’50. Prevedono l’utilizzo di tecniche di gestione avanzate, spesso non adottabili dai fondi comuni per motivi regolamentari. Tra le atre caratteristiche, l’investimento di una quota rilevante di capitale da parte dei gestori e un elevato utilizzo della leva finanziaria. Sono caratterizzati dall’elevato rischio. Il termine inglese “hedge” si riferisce proprio alle tecniche di hedging, ovvero alle strategie di copertura usate per ridurre la volatilità. ultimi cinque anni. Oggi le posizioni nette al ribasso (65.831) prevalgono ma sono diminuite del 32%. Il fatto che si siano ridotte spiega anche perché in alcune sedute la sterlina abbia registrato balzi intraday significativi, come il +3% archiviato martedì paradossalmente proprio nel giorno in cui il premier Theresa May annunciava l’intenzione di procedere speditamente verso una “hard Brexit”. Dichiarazione che a rigor di logica avrebbe dovuto stimolare altre vendite sulla sterlina. E invece è accaduto il contrario. Perché gli investitori hanno applicato un altro adagio di Borsa, «buy on rumors and sell on news». Dopo aver accumulato posizioni al ribasso nei mesi passati sull’ipotesi Brexit, hanno deciso in parte di liquidarle prendendo profitto proprio ora che la May non ha lasciato più dubbi sulla Brexit. La sterlina è quindi risalita perché molti shortisti hanno preso profitto e per farlo hanno dovuto chiudere la posizione al ribasso, comprando quelle stesse sterline che avevano precedentemente venduto allo scoperto.
« Il posizionamento degli hedge fund sulle valute - spiega Ugo Lancioni responsabile valutario di Neuberger Berman - è molto utile per capire i trend. E questo ci dice che al di là dei momentanei rialzi da prese di profitto, sulla sterlina l’impostazione generale è ancora al ribasso».
Stesso discorso per l’euro/ dollaro. Trump è uscito allo scoperto dicendo che sui livelli attuali il «dollaro è troppo forte». Non è da escludere quindi che queste parole possano generare incertezza e spingere gli shortisti a chiudere una parte delle posizioni al ribasso. Va detto che le posizioni nette al ribasso sull’euro sono oltre 65mila. Siamo certo lontani dal picco (223mila) di marzo 2013. Ma la visione generale resta ribassista. Al pari dello yen (79mila posizioni nette al ribasso).
«La divisa nipponica - conclude Lancioni - ha raggiunto livelli che iniziano ad apparire tirati . Riteniamo che lo yen sia vulnerabile ad una correzione, specialmente se i mercati dovessero attraversare un periodo di turbolenza sugli asset ad alto rendimento».