Ipotesi poteri di indirizzo con negoziati preventivi
pPiù poteri di indirizzo, senza dover intervenire necessariamente ex post: è in sintesi la proposta del Comitato della presidenza del Consiglio per l’esercizio dei poteri speciali. Una delle possibili modifiche della legislazione in materia - è la tesi - potrebbe prevedere un negoziato preventivo con le aziende che operano acquisizioni di asset strategici. Prim’ancora, dunque, di arrivare alla seduta del consiglio dei ministri che, sulla base dei documenti ricevuti, può prescrivere raccomandazioni o imporre il veto a cose però ormai già abbondantemente avanzate. «Un modello più vicino a quelli di Paesi nostri diretti concorrenti» dice Raffaele Tiscar, presidente del comitato presso Palazzo Chigi.
Dietro al linguaggio burocratico della relazione, si intravede l’intenzione di avere una sorta di regia su alcune grandi operazioni. «L’applicazione dei poteri speciali» diverrebbe «una conseguenza formale degli indirizzi e delle decisioni già preventivamente pianificati». Secondo Tiscar c’è bisogno innanzitutto di rafforzare la struttura di coordinamento. Poi va esteso il perimetro di intervento. Il concetto stesso di proprietà, è la tesi, non è l’unico da valutare: «Possono esserci meccanismi di governance e investimenti incrociati capaci di bloccare un’azienda anche con la minoranza» (ogni riferimento a Vivendi-TelecomMediaset è puramente “casuale”). Ma non solo. Il concetto stesso di «infrastruttura» rischia di diventare anacronistico. Secondo l’interpretazione del comitato anche le banche e la finanza in senso lato, ad esempio, potrebbero in un prossimo futuro rientrare a tutti gli effetti nel concetto di «sicurezza nazionale».
Che lo strumento sia stato poco utilizzato appare evidente. Dalle riunioni dei consigli dei ministri finora è giunta qualche raccomandazione, legata soprattutto alle tecnologie militari, e poco altro. Nel 2013 è stata esaminata l’acquisizione nel settore aerospazio del ramo d’azienda Avio “propulsione e trasmissione di potenza” da parte della General Electric. Nessun veto, ma con il Dpcm del 6 giugno sono state imposte condizioni «tese a preservare le capacità tecnologiche, industriali e di ricerca nelle attività strategiche». L’anno successivo, la stessa cosa è accaduta per l’acquisizione di azioni della Piaggio Aero da parte della Mubadala development company (degli Emirati Arabi Uniti) e della Tata (Gran Bretagna). Sono stati posti paletti anche all’operazione di cessione del ramo d’azienda Georadar della Ids alla Hexagon (tecnologie militari). In merito a un’operazione di privatizzazione, nel caso di Enav, la società che gestisce il traffico aereo, si è invece disposto con Dpcm di fissare strumenti di governance per tutelare la riservatezza su «dati sensibili ai fini della sicurezza dello Stato». Semplici «raccomandazioni» sono state invece formulate sulla fusione H3G-Wind per avere «elementi puntuali» della pianificazione relativa agli investimenti.Più recentemente, per tornare al settore della difesa, prescrizioni sono state emanate sulla cessione del ramo d’azienda StarMille della francese Thales (con produzione a Chieti) a una newco in partnership con la malese Sapura.