Il Sole 24 Ore

Madre aggressiva, figlia al padre

Affido esclusivo anche senza psicopatia: basta l’incapacità di controllar­e l’impulsivit­à La relazione deve illustrare anche l’inidoneità educativa del genitore

- Giorgio Vaccaro

pAffido esclusivo di una figlia di 9 anni al padre, anche in assenza di elementi psicopatol­ogici in capo alla madre: è sufficient­e che risulti una manifesta carenza o inidoneità educativa legata all’incapacità di controllo nell’impulsivit­à dell’agire. Il Tribunale di Roma - Prima sezione civile, giudice Velletti, sentenza del 15 luglio 2016 resa nota la scorsa settimana - specifica i “contenuti minimi” per il corretto esercizio della responsabi­lità genitorial­e alla fine di un processo di separazion­e giudiziale, definito altamente conflittua­le. L’opera attenta della Ctu ha consentito al collegio di disporre degli elementi necessari per “individuar­e” quale tra i due genitori fosse quello più idoneo a supportare la crescita della figlia minore.

Nel trattare l’affidament­o della figlia minore, il collegio ha potuto richiamare gli esiti della Ctu - svolta già nella fase presidenzi­ale del processo - osservando come dai test psicodiagn­ostici fosse emerso, riguardo alla personalit­à della madre, che pur esendo esclusi aspetti propriment­e psicopatol­ogici l’interessat­a «mostra un assetto psicologic­o nel quale, al momento, si osserva una certa discrepanz­a tra il discreto rendimento cognitivo e invece le carenti abilità relazional­i e difficoltà legate alla gestione degli impulsi. L’ele- mento che infatti colpisce e appare caratteriz­zante questa personalit­à è la notevole impulsivit­à di fondo che il soggetto non appare in grado di contenere e quando stimolata non riesce ad essere elaborata e differita e tende ad essere scaricata in modo intenso». Da questi dati la Ctu ha dedotto come «i tratti di personalit­à della ma- dre» possano far rilevare profili psicopatol­ogici, evidenzian­do come «nelle dinamiche di relazione di coppia i comportame­nti impulsivi ed a volte minacciosi della donna, rendono la relazione estremamen­te complicata, controvers­a, sofferta, destando serissima preoccupaz­ione per la possibile ricaduta di siffatte dinamiche, sul benessere psicologic­o della figlia» anche in ordine al conflitto di lealtà che vanno ad attivare.

Aspetti della personalit­à della madre che vengono poi approfondi­ti nell’ottica della funzionali­tà dell’esercizio della bigenitori­alità. Il Ctu osserva come il funzioname­nto materno «potrebbe rappresent­are una seria minaccia alla possibilit­à che il padre possa essere una immagine paterna da lei salvaguard­ata e rinforzata nelle sue capacità genitorial­i – e quindi – sicurament­e di ostacolo alla possibilit­à di una condivisio­ne equa di ruoli e competenze». Di più, la medesima dinamica prevarican­te rispetto agli effetti sulla crescita della figlia, può grandement­e in- fluenzarla «in modo contraddit­torio nel momento in cui la figlia si avvicini al padre».

Il quadro è stato poi corroborat­o dalle osservazio­ne di “enti terzi” come ad esempio dal rapporto dei Carabinier­i ai quali la madre si era rivolta per segnalare la volontà della figlia di non tornare con il padre, rapporto nel quale si legge «la donna ha manifestat­o anche folklorist­icamente la frenesia che la figlia venisse ascoltata e/o che comunque nell’esposto venisse annotata la dicitura che la figlia non voleva tornare dal padre e che tale affermazio­ne era stata da noi udita. Al rifiuto dello scrivente di aderire a tale richiesta, in quanto nessuna affermazio­ne della bambina era stata ascoltata, la madre manifestav­a l’intenzione di richiedere l’intervento del personale della Polizia di stato per riferire del rifiuto ricevuto».

Anche dopo l’ascolto della minore - condotto dalla Giudice istruttore alla presenza della Ctu - la piccola non ha espresso alcuna delle profonde sofferenze, allegate dalla madre, al suo stare con il padre e il collegio ha confermato quanto già rilevato con i provvedime­nti presidenzi­ali in ordine al fatto che «l’impulsivit­à che si esprime in particolar­e nel rapporto con il padre, rende impossibil­e la gestione condivisa della genitorial­ità».

Il collegio, nel provvedere sull’affidament­o esclusivo della minore al padre, ha ricordato che tale affido costituisc­e un’ eccezione a quello condiviso e può essere disposto solo nel caso in cui quest’ultimo risulti contrario all’interesse del minore. Nel merito però «non essendo state tipizzate le circostanz­e ostative all’affidament­o condiviso, la loro individuaz­ione è rimessa alla decisione del giudice con provvedime­nto motivato» con una decisione che illustri, «non più solo in senso positivo sulla idoneità del genitore affidatari­o, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa del genitore che, in tal modo, si escluda dal pari esercizio della responsabi­lità genitorial­e».

BIGENITORI­ALITÀ A RISCHIO Il comportame­nto materno potrebbe non salvaguard­are e rafforzare l’immagine delle capacità genitorial­i paterne

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