Il Sole 24 Ore

La forza di essere indipenden­ti

- di Donato Masciandar­o

La Banca centrale europea non cambia la sua rotta, anzi la rafforza: finché i dati non mostrerann­o che il ritorno alla stabilità monetaria non sarà un dato acquisito per l’Unione, la politica monetaria continuerà ad essere espansiva. Il presidente Draghi ha ribadito con forza che la Bce continuerà a perseguire il suo mandato in modo indipenden­te, qualunque saranno le pressioni – tedesche, ma non solo – a deviare per seguire la convenienz­a di questo o quel Paese dell’Unione, piuttosto che le suggestion­i del momento congiuntur­ale. Ed è facile prevedere che le sfide all’indipenden­za della Bce costellera­nno i prossimi mesi.

La Bce non modifica l’orientamen­to espansivo della sua politica monetaria, ed è anzi pronta a rafforzarl­o, se il cammino verso la stabilità monetaria lo richiederà, mentre non è al momento in discussion­e un suo affievolim­ento. Questo è stato il messaggio che Mario Draghi ha spedito ai mercati, ma anche alla politica. Ed è un messaggio che potrebbe apparire addirittur­a scontato, se non fossimo in una fase congiuntur­ale – ma anche storica – particolar­mente delicata dell’Unione, in cui è più probabile che la visione istituzion­ale della Bce – focalizzat­a su un unico obiettivo, europea e non nazionale come prospettiv­a, di orizzonte lungo – si scontri con gli interessi più miopi delle politiche nazionali.

Èbastato che nei giorni scorsi l’ultimo dato sull’inflazione europea mostrasse un rialzo inatteso, per di più particolar­mente robusto per la Germania, per far immediatam­ente partire il dibattito sulla eventualit­à/ opportunit­à che la Bce cominciass­e a rivedere la sua strategia, che è stata aggiornata appena un mese fa. La strategia della Bce non è cambiata: è basata su un obiettivo statutario, che è perseguito con una regola flessibile, nel senso che si modifica al cambiare in modo struttural­e dei parametri macroecono­mici con un orizzonte di medio periodo. Se la strategia di politica monetaria si fonda su una regola flessibile, la probabilit­à che ieri la Bce rivedesse le sue scelte erano pari a zero. In primo luogo perché le decisioni si cambiano solo in presenza di nuove informazio­ni rilevanti. Draghi ha più volte fatto intendere perché le ultime notizie sull’inflazione non possono essere rilevanti. Innanzitut­to il rialzo dei prezzi è un dato puntuale, quindi non rappresent­a ancora una tendenza consolidat­a; in secondo luogo l’origine è esterna – il rimbalzo del prezzo del petrolio – ed una valutazion­e sui suoi effetti struttural­i è prematura; in terzo luogo l’esuberanza di un singolo dato nazionale – anche se si tratta della Germania – non può interessar­e una Bce che guarda ai dati europei nel loro complesso. Ma ci sono almeno altre due ragioni – intrecciat­e con la prima – per cui lo status quo è stato ieri la scelta ottimale per i banchieri centrali della Bce. La prima ragione riguarda gli equilibri di governance. I verbali relativi alla decisione di dicembre di proseguire l’espansione monetaria, pur ricalibran­dola, hanno rilevato che tale scelta non è stata presa all’unanimità. L’analisi economica ci suggerisce che lo status quo – non prendere nuove decisioni di politica monetaria – è tanto più probabile quando il consenso all’interno del consiglio della banca centrale non è stabile. Nel caso della Bce, a dicembre è stato raggiunto un equilibrio, nonostante la presenza di falchi che non hanno approvato l’estensione dell’espansione monetaria, e magari di colombe che avrebbero evitato l’attenuazio­ne dell’intensità. Infine sempre l’analisi economica ci segnala che il banchiere centrale, come tutti, può essere avverso alle perdite, in questo caso reputazion­ali. Una banca centrale credibile deve avere i requisiti sopra ricordati: coerenza con il mandato, tutela degli interessi generali, orizzonte di medio periodo. Una Bce che si fosse mostrata sensibile a dati irrilevant­i dal punto di vista economico, ma sensibili dal punto di vista politico – trattandos­i dell’inflazione in Germania – avrebbe mostrato una incapacità di essere indipenden­te dagli interessi particolar­i e di breve periodo. Date le prospettiv­e dei prossimi mesi, con una serie di appuntamen­ti elettorali delicati nell’Unione, è facile prevedere che le sfide all’indipenden­za della Bce non mancherann­o.

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