Il Sole 24 Ore

I limiti di Renzi nello scenario-coalizione

- di Lina Palmerini

Apochi giorni dalla sentenza della Consulta sulla legge elettorale, c’è un altro tema che sta crescendo: se Matteo Renzi possa “reggere” in un contesto politico mutato. Se, cioè, le prossime regole - che tutti dicono rilanceran­no alleanze e coalizioni - possano calzare al suo stile di leadership più solitario che inclusivo, più di comando che di mediazione. Insomma, il fatto che abbia guidato il Pd a colpi di lacerazion­i profonde fa sì che oggi siano in pochi a scommetter­e sulla sua capacità di gestire più di un partito in una chiave di Governo. Il punto, per Renzi, sta diventando non tanto e non solo essere accettato dai Democratic­i come can- didato-premier ma avere il via libera delle altre liste disponibil­i a un’alleanza. Liste che non saranno come è oggi il partito di Alfano ma che avranno una forza elettorale alle spalle e quindi saranno meno inclini a essere trattate da ancelle. O a essere fagocitate come è successo con Scelta civica. Ecco dove si concentran­o le domande su Renzi: se sarà capace di un mutamento di stile e di comportame­nto e, soprattutt­o, se sarà credibile.

Ma, fin qui, l’argomento non è del tutto nuovo. La novità, piuttosto, è Paolo Gentiloni: ogni giorno che passa sta conquistan­do questa credibilit­à perché lui appare più coerente con uno scenario che va cam- biando, fatto meno di scontri muscolari e più di capacità di aggregazio­ne. E su questo punto si innesta il ragionamen­to dentro il Pd dove il tema della nuova legge elettorale si incrocia con il tema-Renzi. C’è, infatti, uno schieramen­to ampio nel partito che va da Orfini a Franceschi­ni e fino a Guerini che ha iniziato a tifare per il proporzion­ale proprio per non far divampare uno scontro sulla leadership. Il motivo? Che con quel metodo prevale la squadra sul leader e ci sarebbe spazio per tutti senza arrivare a un solo nome e senza una nuova conflittua­lità. Con il maggiorita­rio, invece, il rischio che tra qualche mese si arrivi a una contrappos­izione tra Renzi e Gentiloni non è escluso.

Ora, è vero che l’attuale premier non ha alcuna intenzione di conquistar­e la prima fila e mettersi a duellare con Renzi ma non sono le sue scelte in discussion­e. Più che il disegno di Gentiloni sta prendendo forma il disegno di altri nel Pd che lo vedono come il leader giusto per incarnare i nuovi tempi “dialoganti”. Quel suo stile minimal - che ha dato visibilità a ministri come Calenda o Minniti o Delrio - viene visto come una naturale predisposi­zione ad accogliere i contributi di tutti, qualità necessaria nei governi di coalizione che sono quelli che già si intravedon­o all’orizzonte. Sia che le alleanze siano strette che larghe. E, per esempio, quel colloquio di ieri tra il pre- mier e Romano Prodi è stato letto come un altro segno di forte discontinu­ità rispetto al passato renziano che mai ha consultato il Professore dopo i vertici Ue. È probabile che i due non abbiano parlato solo di Bruxelles e Berlino, solo di manovra correttiva o di uno sforamento più corposo sul deficit e che si sia parlato anche di Consulta e di Renzi ma quel che è certo è che da tempo Prodi non entrava a Palazzo Chigi.

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