Profilo basso sui temi caldi per non alimentare le polemiche
Mario Draghi è arrivato in conferenza stampa ieri, dopo aver presieduto il consiglio della Banca centrale europea, deciso a non deflettere dal messaggio che la Bce intende mantenere la rotta che ha tracciato a dicembre. Ma soprattutto assolutamente determinato a evitare qualsiasi risposta che potesse avere una connotazione politica, anche in senso lato.
Su questo fronte, il tasto più delicato per il banchiere centrale italiano è sempre la politica tedesca, che gli riserva attacchi quasi ininterrotti da quando è arrivato a Francoforte cinque anni fa. Il ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, uno dei più frequenti critici della politica monetaria della Bce, alla faccia del dogma un tempo inattaccabile in Germania dell’indipendenza della banca centrale, ha osservato poche ore prima della conferenza stampa di Draghi che le scelte della Bce sono difficili da spiegare all’opinione pubblica tedesca. Una posizione «comprensibile», ha glissato Draghi. Non mancando più avanti di ribadire, a chi gli parlava di pressioni tedesche che si intensificheranno nei prossimi mesi, che in questi cinque anni la Bce ha ampiamente provato di saper agire in tutta indipendenza, nel solo rispetto del mandato della stabilità dei prezzi.
Nella sua dichiarazione introduttiva, il presidente della Bce ha notato che sono i fattori globali il principale elemento di rischio per la crescita dell’area euro. Ma delle dichiarazioni protezioniste di Donald Trump, che si insedia oggi alla presidenza degli Stati Uniti, ha detto che «è troppo presto» per commentare e che preferisce attendere le politiche della nuova amministrazione. Sulle frasi di Trump che hanno indebolito il dollaro, ha notato che nel G-7 e nel G-20 c’è un accordo che si debbano evitare le svalutazioni competitive. Anche su Brexit, dopo il discorso del primo ministro Theresa May che prefigura una “hard Brexit”, ritiene ogni commento sulle eventuali conseguenze economiche prematuro. «Dipenderà dalla forma che prenderà l’accordo finale e dal tempo che ci vorrà», ha detto lapalissianamente.
L’Italia è un argomento che Draghi tocca quasi sempre obtorto collo. Così alla richiesta di una valutazione del decreto del Governo italiano per il sistema bancario (a dicembre il presidente della Bce si era dichiarato fiducioso che avrebbe fatto la cosa giusta) e della dichiarazione del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in un’intervista al Sole 24 Ore, secondo cui la vigilanza bancaria della Bce è «troppo rigida», Draghi ha opposto un doppio no comment. Precisando inoltre che in Bce vige una stretta divisione dei compiti e che non chiede alla responsabile della vigilanza, Danièle Nouy, di commentare sulla politica monetaria. La giustificazione naturalmente è vera solo in parte, in quanto anche sulla vigilanza la responsabilità ultima è del consiglio da lui presieduto, ma la battuta è bastata per un altro slalom fra le domande.
Compresa quella sulla possibile insostenibilità del debito italiano una volta che verrà rimossa la protezione del Qe. «Non riteniamo che il debito di alcun Paese dell’area euro sia insostenibile», ha risposto, deviando poi sulla Grecia, per la quale, ha ricordato, sono in corso un programma e negoziati.
SLALOM TRA LE DOMANDE «Comprensibile» la posizione tedesca, no comment sul decreto banche italiane, debito sostenibile nell’Eurozona