Scontro May-Schäuble a Davos
La premier: leader mondiali del libero commercio. Il ministro: no a ricatti fiscali
«C’è ora una opportunità unica per la Gran Bretagna, quella di assumere la leadership mondiale del libero commercio e del libero mercato» e costruire «una Gran Bretagna davvero globale». Così il premier britannico Theresa May al Forum economico mondiale davanti a una platea fredda, che le ha tributato al termine del discorso solo un breve applauso di circostanza di fronte all’ipotesi di una “hard Brexit”, spacciata come libero mercato. Un discorso al termine del quale, come il presidente cinese Xi Jinping il giorno prima, non ha accettato domande, a differenza di quanto avevano fatto invece i suoi predecessori Blair, Brown e Cameron.
Al ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble. non è proprio piaciuta la minaccia britannica di fare il “corsaro” alla Francis Drake con tasse più basse per attrarre investimenti nell’isola a discapito dell’Unione. È, secondo il ministro di Berlino, una minaccia a vuoto quella di fare del Regno Unito un paradiso fiscale stando dentro il G20, a meno che si voglia lasciare anche questa organizzazione internazionale e allora sarebbe una Brexit al quadrato.
«Dobbiamo prepararci a un negoziato duro» con l’Unione europea, per «stabilire il ruolo» della Gran Bretagna su scala globale e guardando a una serie di accordi commerciali che «non siano limitati all’Europa, ma vadano oltre l’Europa», ha proseguito il premier britannico che tentava di imitare la Lady di ferro Margaret Thatcher quando chiese alla Ue la restituzione di parte dei contributi. Altri tempi. La Lady di ferro contrattava ma dall’interno della Ue, oggi invece Londra tratta per uscire ed è tutta un’altra storia, forse una scelta antistorica che la vede alleata di Donald Trump.
Secondo la May la strada intrapresa dalla Gran Bretagna dopo il referendum a favore della Brexit presenta alcune incognite, ma «fuori dall’Unione europea ci aspetta un futuro più brillante». Intanto però la banca HSBC sta preparandosi a trasferire parte delle sue attività nel Continente per non perdere il diritto all’acceso al mercato dei capitali europei.
Sì alla globalizzazione, al libero commercio e al libero mercato, ma «con la determinazione che al centro della politica ’mainstream’ tornino le preoccupazioni del popolo», ha detto May, promettendo una svolta che richiama i toni populisti usati da Donald Trump. E dunque in contemporanea con l’arrivo della May a Davos il ministro del Commercio Internazionale, Liam Fox, un brexiter duro e puro, annuncia contatti preliminari con 12 Paesi, fra cui Cina, India e Australia, ma anche Corea del Sud e importanti partner mediorientali del Regno quali Arabia Saudita e Oman. E naturalmente gli Usa di Donald Trump.
La reazione di Schäuble non si è fatta attendere. «Non credo che possiamo iniziare un negoziato minacciandoci»: così il potente ministro delle Finanze tedesco sulle affermazioni della premier inglese Theresa May a proposito del negoziato per l’addio all’Unione europea e la minaccia di fare di Londra una sorta di paradiso fiscale. «È incoerente», dice Schäuble. Perché proprio la Gran Bretagna ha fatto parte del nucleo dei Paesi del G-20 che hanno dichiarato guerra al dumping fiscale e all’evasione.
«Noi non vogliamo punire la Gran Bretagna» ma – ha aggiunto Schäuble - «è ovvio che ci sono delle conseguenze, il passaporto europeo (per le imprese britanniche, ndr) non sta più in piedi». Insomma no a un’Europa à la carte, così come ha sostenuto ieri sempre a Davos, il presidente Eni, Emma Marcegaglia.
Ma invece di stare unita l’Europa litiga a Davos nelle vesti del primo ministro olandese Mark Rutte e dell’ex-presidente del Parlamento europeo Martin Schulz. Il premier olandese ha indicato che l’Unione dallo stato attuale non può progredire e ha lamentato il fatto che, mentre l’Olanda ha fatto pesanti sacrifici per riformarsi, «la gente constata che altri Paesi non fanno le riforme promesse». E qui il premier ha puntato esplicitamente il dito contro la Francia e l’Italia, richiamandole a «mettere in atto le riforme promesse». Una presa di posizione non estranea al fatto che il partito liberal-democratico di Rutte è sopravanzato nei sondaggi dagli euroscettici del populista Geert Wilders. Davanti alle affermazioni di Rutte, Schulz, che ha lasciato il Parlamento Ue per tornare alla politica tedesca, ha di fatto rimproverato al premier olandese di «creare un’atmosfera di conflitto tra i Paesi», tra Nord e Sud Europa.
«È il più grande test di robustezza europea che io ricordi», spiega Domenico Siniscalco , ex ministro del Tesoro e country manager di Morgan Stanley in Italia, riferendosi alla Brexit e alle diverse direzioni verso cui verranno strattonati i partner europei nei prossimi mesi con tre elezioni in Olanda a marzo, aprile-maggio (e poi giugno) in Francia e settembre in Germania.
L’ALTOLÀ DI BERLINO Il ministro delle Finanze tedesco invita Londra a non puntare sul dumping: «Non possiamo iniziare il negoziato minacciandoci»