Il Sole 24 Ore

Boom prescrizio­ni nel biennio Civile, non cala la durata media

- Donatella Stasio

pSono stati 132.739 i processi penali andati in prescrizio­ne nel 2015 e ben 78.054 quelli prescritti solo nel primo semestre del 2016. Si conferma, dunque, il trend negativo della prescrizio­ne, che dal 2013 non accenna a diminuire, anzi va aumentando. Nel 2014, infatti, i processi mai arrivati a sentenza definitiva a causa del decorso del tempo erano stati 132.859 (anche se le statistich­e dell’epoca ne indicavano 132.296) e 63.753 nel primo semestre di quell’anno, saliti a 67.420 nello stesso periodo del 2015. Il 2016 registra quindi un’impennata che non fa sperare in un’inversione di tendenza. Resta il fatto che la prescrizio­ne fulmina il 4% dei processi penali definiti (che nel 2015 sono stati 3 milioni e 200mila).

L’impietosa fotografia emerge dalle statistich­e ministeria­li trasmesse alla Cassazione per l’inaugurazi­one dell’anno giudiziari­o del 26 gennaio, di cui Il Sole 24 è in possesso e da cui risulta anche che l’incremento maggiore (34,80%) delle prescrizio­ni si è avuto nei Tribunali (da 23.740 a 32.010), oltre che presso il Gip con le archiviazi­oni contro ignoti (53,30%). Lieve riduzione in Cor- te d’appello (22.552 rispetto a 24.304) mentre in Cassazione c’è stato un aumento significat­ivo, con ben 767 prescrizio­ni (677 nel 2015), che però viene spiegato con l’aumento dei processi penali definiti, passati dai 51.509 del 2015 ai 57.725 del 2016, tant’è che l’incidenza della prescrizio­ne sul totale dei processi decisi è dell’1,3% per entrambi gli anni.

Giusto ieri il Consiglio d’Europa, nell’ultimo Rapporto sull’Italia, ha denunciato «l’allarmante» numero dei procedimen­ti penali non conclusi a causa della prescrizio­ne e si è «rammaricat­o che la riforma di una questione così cruciale non sia stata ancora attuata». L’allarme (e il richiamo) riguardano i processi per corruzione, che di solito si fermano in Tribunale o in appello, ma di fronte a numeri come quelli certificat­i ancora una volta dalle statistich­e ministeria­li, l’allarme è ben più preoccupan­te. La riforma, però, è ancora impantanat­a nell’Aula del Senato per i maldipanci­a trasversal­i a maggioranz­a e opposizion­e e finora a nulla sono servite le esortazion­i del ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Che nella relazione di mercoledì al Parlamento ha rilanciato l’ap- provazione della riforma, pur tacendo sulla gravità dei dati.

Dalle statistich­e trasmesse in Cassazione risulta che anche la durata media delle cause civili non è migliorata nel 2016, attestando­si su 828 giorni in appello (819 nel 2015 e 869 nel 2014) e su 376 giorni in Tribunale (contro i 375 del 2015 e i 384 del 2014). Guardando le specifiche controvers­ie, si scopre che la durata del contenzios­o commercial­e è un po’ scesa in Tribunale (da 927 giorni a 868) ma è aumentata in appello (da 1.309 giorni a 1.351; erano 1.344 nel 2014). In lieve calo i tempi delle esecuzioni immobiliar­i (da 1.534 a 1.238 giorni), ma in aumento quelle mobiliari (da 175 a 206 giorni). Lieve anche la riduzione della durata delle cause di lavoro, che comunque impiegano 522 giorni in Tribunale e 699 in appello.

L’obiettivo del governo Renzi era «ridurre a un anno» la durata delle cause civili di primo grado e Orlando aveva già annunciato di averlo raggiunto, anche se va detto che nel calcolo della media si è tenuto conto dei decreti ingiuntivi e dei provvedime­nti di volontaria giurisdizi­one, notoriamen­te di più rapida definizion­e.

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