Il Sole 24 Ore

A Pa rigi è tempo di trasgressi­one

Balenciaga provoca con il logo Kering sulla felpa,Vuitton si lega al marchio accessibil­e Supreme

- Di Angelo Flaccavent­o

a Il mondo sta veramente andando a rotoli. Populismi d’ogni sorta e gravità avanzano per ogni dove, mentre paure e incertezze definiscon­o lo scenario allargato della vita quotidiana. L’oscurantis­mo si impone minaccioso, perchè la nozione generale di cultura - quella imposta dall’alto e diretta dai poteri forti - fa enormi e tangibili passi indietro, invece che avanti, in barba alla convinzion­e utopista e illuminist­a che il progresso sia una freccia scagliata dai recessi bui della storia al fulgore del più luminoso futuro. La soluzione? Ribellarsi. Sottrarsi alla status quo e riscrivere le regole, ad esclusivo uso personale. Un po’ come avvenne tra la fine degli anni Sessanta e il primo lustro dei Settanta, con la contestazi­one prima e poi con l’esplosione di edonismo festaiolo e di trasgressi­one - sessuale, in primis - che hanno dato a quell’epoca un carattere irripetibi­le e indimentic­abile. Non sorprende che gli anni liberati e libertini siano un punto di riferiment­o costante questa stagione: se ribellarsi è sempre più difficile, ci si può almeno vestire da trasgresso­ri, ricordando che in fondo anche l’estetico è politico, e che quanto appare superficia­le incide invece nel profondo i modi e le percezioni di un’epoca. Se a Milano i sessantott­ini sono apparsi, pedissequa­mente, sessantott­ini, compresi i velluti a coste e i parka, a Parigi il livello di rielaboraz­ione è alto, e l’immaginazi­one si scatena. Nelle mani immaginifi­che e brutali di detona proprio, esplodendo in un irresistib­ile baccanale di forme scultoree, avvolgimen­ti dionisiaci e pallori da notte glitterata dei morti viventi. Il titolo scelto da Owens per la prova è proprio Glitter: una allusione aperta al deboscio degli anni in cui sperimenta­re con tutto era lecito e i bigotti e benpensant­i stavano tra gli sconfitti non, come oggi, in prima fila sul carro dei vin- citori. Ma Owens non è uno che fa le cose alla lettera. Di quell’epoca carpisce l’urgenza dirompente di scardinare ogni conformism­o, lo slancio energico e spericolat­o verso l’ignoto, non le forme. Si scatena con una furia frivola e inesorabil­e, e giocando di assemblagg­i, torsioni, piegature, crea silhouette che sarebbero piaciute al pittore Zurbaran, se mai avesse ritratto i mostruosi avventori del Tabboo di Leigh Bowery. Il risultato è un delirio intossican­te e neobarocco, sotto il quale si nasconde la perfezione maniacale dei tagli, il gusto pittorico nell’accostare colori e materiali. Perchè, sia chiaro, anche la follia richiede metodo.

Una vena potente di trasgressi­one sessuale percorre anche la collezione di ma qui lo scenario è completame­nte diverso. Cinico e irridente come il Breat Easton Ellis di American Psycho, Demna Gvasalia, il direttore creativo, posa lo sguardo sulle abitudini personali e vestimenta­rie degli impiegati di Wall Street, e li segue in tutto l’arco della giornata, da quando indossano l’abito a quando vanno al club, mescolando le carte fino a far esplodere la pervesione. Ecco allora i cappotti marziali indossati senza pantaloni, solo con calzettoni alti e grandi stivali; ecco le magrezze estreme sottolinea­te dai pantaloni con la vita bassissima; ecco le camicie impilate sotto i pezzi street. Ecco, infine, al livello estremo dello sberleffo cinico, la felpa con il logo Kering spiattella­to sopra, perchè oggi anche il branding è una forma artistica di provocazio­ne, non solo di fidelizzaz­ione. Lo sa bene Kim Jones, che da decide di unir le forze con Supreme - la couture dell’antimoda da skater - in una operazione diabolica di congiunzio­ne di loghi e forze che susciterà appetiti famelici nel pubblico. Oggi va così: anche i marchi del lusso guardano a quel che piace sulla strada, corteggian­do il pubblico con un prodotto più accessibil­e economicam­ente ma estremamen­te esclusivo quanto a tiratura. La formula funziona. La collezione è un’ode allo spirito multicultu­rale e collaborat­ivo di New York, la metropoli delle metropoli, che si traduce in un senso di felice nonchalanc­e, evidente nei volumi così come nell’assemblagg­io spontaneo dei capi, con il rosso Supreme, sempre, a far da segno sugli accessori.

Da la nota accesa è uno squillante blu elettrico, accento energizzan­te nell’impasto di grigi e toni foresta che crea un ponte tra il passato e il futuro, tra il mondo della natura e quello della metropoli. Yusuke Takahashi, designer della linea uomo, riesce nella difficile impresa di attualizza­re l’eredità del grande Issey, cogliendon­e lo spirito per proiettarl­o nel presente. Anche quando replica forme d’archivio, è fresco e innovativo, e questo è indice di grande valore.

Louis Vuitton

Issey Miyake

Rick Owens

Ribellarsi è riscrivere le regole anche nello stile: Rick Owens scardina ogni conformism­o, Issey Miyake fresco e innovativo

Balenciaga,

 ??  ?? Miyake. Blu elettrico, ponte tra passato e futuro
Miyake. Blu elettrico, ponte tra passato e futuro
 ??  ?? Louis Vuitton. Alleanza con un marchio accessibil­e
Louis Vuitton. Alleanza con un marchio accessibil­e
 ??  ?? Rick Owens. Gioco di assemblagg­i e torsioni
Rick Owens. Gioco di assemblagg­i e torsioni
 ??  ?? Balenciaga. Il branding come provocazio­ne artistica
Balenciaga. Il branding come provocazio­ne artistica

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