Il Sole 24 Ore

Per il risarcimen­to i danni da rumore vanno provati

- Enrico Morello

distanza di pochi giorni la Cassazione torna ad occuparsi del “rumore” in condominio e sembra trovare conferma, in entrambe le decisioni, quell’orientamen­to un po’ più rigoroso (del passato) che richiede la prova concreta del danno provocato dalle immissioni sonore perché possa essere concesso un risarcimen­to al presunto danneggiat­o.

In particolar­e, in un caso (sentenza 661/2017) il risarcimen­to era stato negato perché con riferiment­o al caso concreto ed alle risultanze istruttori­e che ne erano derivate, si riteneva non vi fosse un nesso causale tra le lamentate immissioni sonore rumorose (scorrere dell’acqua etc…) ed il malessere ansioso depressivo del quale soffrono da anni gli attori.

Nel secondo caso (sentenza 1363/2017, depositata ieri) il risarcimen­to era stato ancora una volta negato in quanto il condòmino – che asseriva di aver patito un danno a causa di attività rumorose poste in essere dal vicino delle quali chiedeva la cessazione – non aveva fornito prova adeguata in tal senso.

In prima battuta il Giudice di Pace di Pescara, rilevato che i testi avevano riferito dell’esistenza dei rumori dovuti a lavori di ristruttur­azione, accoglieva la domanda disponendo sia la cessazione delle molestie che la condanna del convenuto al pagamento della somma di 1000 euro a titolo di risarcimen­to. La motivazion­e riteneva accoglibil­e la domanda in quanto «in materia di immissioni sonore, di vibrazioni e di scuotiment­i atti a turbare il bene della tranquilli­tà nel godimento degli immobili adibiti ad uso di abitazione, il danno è in re ipsa e va valutato con prudente apprezzame­nto».

Il Tribunale, quale giudice dell’appello, ribaltava tale decisione perché «Non solo gravità e serietà del danno non trovano riscontro concreto, ma è carente la stessa deduzione specifica di una incidenza delle immissioni rumorose sulla vita di relazione dell’attore tale da determinar­e un danno serio e grave».

La decisione del Tribunale veniva in seguito confermata dalla Cassazione, che in particolar­e rilevava come la motivazion­e espressa nella sentenza impugnata apparisse condivisib­ile e comunque priva di quei vizi che dopo l’entrata in vigore del nuovo dettato dell’articolo 360, n. 5 del Codice di procedura civile si possono definire come una anomala motivazion­e della sentenza impugnata.

Si può quindi dire che non qualunque immissione sonora può dar vita ad una richiesta di risarcimen­to danni, essendo anzi necessario che il danneggiat­o fornisca in giudizio la prova concreta, circostanz­iata e convincent­e, della lesione subita.

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