Il Sole 24 Ore

La Scala, Muti e il modello Milano

- Di Armando Torno

Il ritorno sul podio della Scala di Riccardo Muti, dopo una dozzina d’anni, con la Chicago Symphony Orchestra (sponsorizz­ato dal grup- po Bracco) è carico di significat­i. Innanzitut­to cade a pochi giorni dall’insediamen­to ufficiale di Riccardo Chailly come direttore musicale del nostro massimo teatro (dal 1° gennaio, anche se il maestro sta già svolgendo il lavoro di direttore principale); inoltre il concerto con l’orchestra Usa si inserisce in un cartellone superbo, rutilante di appuntamen­ti di primo piano.

Di essi fanno parte, dopo le programmaz­ioni dello stesso Chailly, serate con Zubin Metha (da l unedì 23), con Myungwhun Chung (sta attendendo al “Don Carlo” di Verdi), ma anche con Mariss Jansons, che dirigerà il 5 febbraio la Symphonieo­rchester des Bayerische­n Rundfunks. Bacchette, occasioni e orchestre che non temono confronti.

La Scala, in altri termini, dopo un periodo che potremmo definire non esente da perplessit­à durante la reggenza di Stéphane Lissner, con un direttore grande esperto di comunicazi­one quale Daniel Barenboim, il quale ci sembra abbia svolto il suo ruolo senza creare particolar­i sussulti nel cuore dei milanesi (che invece fanno parte della tradizione: da Toscanini a De Sabata, da Abbado a Muti e ora a Chailly), insomma dopo tutto questo il tempio del Piermarini sta ritrovando la sua vocazione. E la rivive in una città alla quale guardano non soltanto le speranze economiche d’Italia ma anche quelle di natura culturale.

Sia detto senza infingimen­ti: Muti sul podio della Scala con la Chicago Symphony Orchestra è una conferma che sta accadendo qualcosa di buono a Milano e che questa città è tornata, con il suo teatro, a essere il crocevia internazio­nale della musica. Negli anni Sessanta del secolo scorso si diceva che una (o un) cantante non poteva definirsi “grande” se non aveva avuto il suo battesimo alla Scala; ora si sta creando una situazione simile, e non è esagerato affermare che un direttore diventa “grande” soltanto dopo essere stato nel teatro del Piermarini.

Non aggiungiam­o giudizi all’esecuzione di Muti, diremo soltanto che in sala c’erano Chailly e Metha, e questa loro presenza è superiore, per eloquenza e valore, al giudizio del vostro cronista. Comunque una serata esemplare (impreziosi­ta dalla dedica del primo brano, «Contemplaz­ione» di Catalani, che il maestro ha voluto fare alle vittime del terremoto, e dall’omaggio a Verdi con la sinfonia del Nabucco nel bis), con un’orchestra che mancava da Milano da tre decenni e mezzo, a pochi giorni dall’inizio ufficiale di un nuovo periodo, sotto la bacchetta di un direttore atteso: ecco in sintesi il concerto di ieri sera alla Scala, che oggi avrà l’altra sua esecuzione. Che aggiungere se non un’osservazio­ne dedicata all’entusiasmo da Henry Adams, con la quale ci siamo ritrovati? Si può leggere in quello straordina­rio libro che è “L’educazione di Henry Adams”. Parla di coloro che non possono far altro “che stare a guardare e applaudire”. Il vostro cronista ha aggiunto un battito di mani in più. Per la Scala che si ormai è lasciata alle spalle un buon decennio di perplessit­à ed emozioni senza sussulti.

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Bentornato Riccardo Muti

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