Marce anti-Trump in tutto il mondo: 2,5 milioni di donne
La marcia mondiale delle donne contro il presidente Usa: solo a Washington in 500mila
Il primo decreto diTrump inizia a smontare il sistema sanitario di O ba ma. Donne in piazza contro il presidente: 500mila a Washington, 2,5 milioni nel mondo.
pNon ci sarebbero state le 500.000 persone che si sono viste qui a Washington o le incredibili marce di Boston, di Chicago, New York, Denver, Los Angeles e in decine di altre città in America - e nel mondo - se Donald Trump non avesse pronunciato il discorso aggressivo e divisivo che ha scelto di pronunciare venerdì per la sua inaugurazione. E se non avesse firmato come primo atto della sua presidenza un ordine esecutivo per limitare al massimo e nei termini di legge i servizi previsti dall’Affordable Care Act, la legge per la riforma sanitaria conosciuta anche come Obamacare.
La contrapposizione che abbiamo visto ieri fra la seconda giornata dell’amministrazione Trump e le marce, le decine di migliaia di cappucci rosa e le proclamazioni di “resistenza” per strada, non ha prece- denti nella storia americana. Ieri mattina abbiamo visto Trump alla Cattedrale Nazionale di Washington per la tradizionale messa e benedizione per il nuovo presidente. Una funzione solenne con decine di pastori, imam, preti, rabbini, predicatori a officiare una cerimonia ecumenica in cui comunque ha prevalso un fortissimo messaggio cristiano evangelico. Abbiamo visto il Presidente degli Stati Uniti recarsi alla Cia per una visita di sopralluogo in attesa che il nuovo capo scelto per l’agenzia, l’ex deputato Mike Pompeo, superi l’ostacolo della conferma. Lo abbiamo visto chiuso alla Casa Bianca a meditare la linea d’azione politica. Il suo primo ordine esecutivo, quello per limitare Obamacare, non è definitivo. Perché la legge sia smantellata ci vuole un voto in Congresso. E in teoria ci vorrebbe una legge sostitutiva perché ormai 20 milioni di americani dipendono per le loro esigenze di copertura sanitaria da questa legge. Intere famiglie rischiano di trovarsi senza assicurazione, senza possibilità di assistenza. L’ordine non è definitivo, ma dovrebbe consentire di aggirare alcune regole della riforma sanitaria ad esempio sui limiti di reddito necessari per essere esonerati da certi pagamenti di premi, o consentire ad assicurazioni sanitarie di operare in più stati invece che nello stato di origine e agli stati di poter intervenire con maggior peso nell’allocazione di certe risorse.
«Oggi marciamo per le donne, ma marciamo anche per difendere Obamacare, per difendere “Planned Parenthood” (un altro programma sociale a rischio ndr), marciamo per tutto il paese», ha detto alla folla Bob Bland, co-fondatore del movimento che ha organizzato la marcia. La Bland è una imprenditrice. Ha fondato un’azienda Internet, Manufacture New York, che vuol fare esattamente quel che vuol fare Trump: tenere lavoro e creatività in America reinventando l’ecosistema nel settore moda, dare spazio a giovani designer, sarti, produttori e integrare il loro lavoro attraverso un sistema digitale che da una parte crei rapporti e connessioni per la creazione e produzione e dell’altra offra uno sbocco immediato di mercato per la distribuzione. «Non avevo mai fatto politica», ha detto Bob, capelli rossi, con la sua bambina di pochi messi in braccio «ma ora vedete che cosa si può fare con la forza di un’idea per difenderci».
Molti hanno considerato la marcia di ieri come la prima mobilitazione nazionale anti Trump. Il movimento dei cappucci rosa ispirati dall’utero femminile, ha mobilitato circa 3 milioni di persone se aggiungiamo Londra Tokyo o Milano. Lo stesso Barack Obama aveva auspicato la nascita di un movimento di base simile al Tea Party che potesse coinvolgere giovani e attivisti. E la partecipazione, dopo il discorso di venerdì di Trump c’è stata su ogni livello, ora per parlare di immigrazione ora per i diritti delle minoranza razziali o dei gay. Hanno parlato centinaia di persone, fra queste Amanda Nguyen un’attivista di Harvard vittima di stupro che ha ottenuto una legge federale per i diritti delle vittime; Bob Alotta attrice e regista, membro della fondazione lesbiche, Melanie campbell, della National Coalition of Black Civil Participation. E hanno parlato alcuni dei più importanti senatori americani. Elizabeth Warren da Boston, dove la spianata del Boston Commons non era mai stata vista così affollata. A Washington c’erano il Senatore Khristine Gillibrand di New York, il Senatore Tammy Duckworth dell’Illinois, il Senatore Kamala Harris della California. Hanno parlato star del movimento radicale come Gloria Steinam o il regista Michael Moore. E il messaggio si allargava alle altre tematiche contestate. Moore ha dato un numero di telefono da chiamare a Washington per raggiungere i propri rappresentanti: «Chiamate ogni giorno», ha detto. La Steinem ha parlato delle persecuzioni razziali o religiose che molti temono. «Trump, se obbligherai i musulmani a registrarsi perché siano schedati, sappi che ci registreremo tutti come musulmani».
IL SECONDO GIORNO Il presidente ha attraversato una città in completa mobilitazione. Nel pomeriggio si è recato al quartier generale della Cia