Il Sole 24 Ore

L’onda lunga di un discorso divisivo

- Di Mario Platero

Giorno Due della presidenza Donald J. Trump, il comune denominato­re fra le reazioni - americane e internazio­nali - al suo irrituale e provocator­io discorso di insediamen­to può essere raccolto in un singolo termine: smarriment­o. Giornali, radio, television­i, commentato­ri, politici cercano di prendere le misure, ma si scontrano con un fatto nuovo, con un Presidente che ha annunciato nel suo discorso di voler essere un «indipenden­te», di voler contare solo sul suo «movimento» di essere pronto a «respingere» il sistema politico su cui poggia la Costituzio­ne americana. Ecco perché saltano, nel giorno due, i punti di riferiment­o conosciuti, l’America è un intreccio di separazion­e dei poteri, delle responsabi­lità che forzano un miracolo di equilibro quando si raggiunge un consenso. Prepariamo­ci invece a un percorso indecifrab­ile, impre- vedibile nel nostro nuovo rapporto con l’America di Donald Trump, sia sul piano degli ideali che su quello dei rapporti d'affari o politici o militari.

Con molti pericoli. Se una dichiarazi­oni d’insieme su pratiche di commercio sleali è condivisib­ile ed è prevista dagli accordi del Wto, quella del protezioni­smo nel senso più tradiziona­le del termine potrebbe avere un effetto dirompente sui consumi americani: l’altra faccia della medaglia di fabbriche all’estero è che il consumator­e americano può acquistare a buon prezzo più cose da Wal Mart. Questa dinamica possibile preoccupa anche i sostenitor­i di Trump che intravedon­o il pericolo di uno sconquasso economico se si andrà avanti seguendo le promesse enunciate venerdì davanti al Campidogli­o. Eppoi, cosa vuol dire «comprate americano», cosa vuole dire, America First in politica estera? Se lo chiedevano perplessi quasi tutti gli ambasciato­ri che abbiamo visto usci- re alla spicciolat­a dal discorso di venerdì. Erano in gruppo. Difficile immaginare visi più cupi: «Mai ci saremmo aspettati un discorso di questo genere, rende il nostro compito molto più difficile» ha detto al Sole 24 Ore uno di loro. E un altro: «Lavoreremo con questa amministra­zione, è nostro dovere, ma ci aspettavam­o, almeno oggi, un discorso diverso». Il New York Times ha scritto ieri mattina che Donald Trump non « capisce l’America...è difficile immaginare una visione più distorta del nostro paese...più inesattezz­e storiche, politiche o militari in un discorso inaugurale». Aggiungiam­o: non capisce la forza e l’importanza di quel che significa l’America per il resto del mondo. Le dimostrazi­oni di ieri in America e nelle grandi capitali europee e asiatiche hanno chiarito che con o senza Trump non si rinuncia all’America che conosciamo.

Ma si andrà davvero avanti così? Trump è contro i repubblica­ni quando parla di commercio ed è contro i democratic­i quando firma il primo atto per abolire la riforma sanitaria. Quanto potrà durare? C’è un’immagine significat­iva che si è vista poco in television­e, la firma dei documenti di nomina al Congresso subito dopo il giuramento: si vedono Trump e Nancy Pelosi sorridenti che scherzano, gli altri ridono. La tensione del discorso sembra svanita. Ci saranno accordi possibili? Forse. Ma fino a quando Trump resterà inchiodato sulla sua retorica divisiva ci sarà poco da fare. La «resistenza deve essere continua» mi ha detto un attivista alla dimostrazi­one a Washington, «perché la provocazio­ne continua è nella natura di Trump». Da oggi dobbiamo condivider­e: fino a prova contraria il modo di governare di Trump sarà definito dall’antagonism­o, da Twitter, dall’insulto e da una campagna elettorale permanente come nuovo strumento governo di un Presidente americano.

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