L’onda lunga di un discorso divisivo
Giorno Due della presidenza Donald J. Trump, il comune denominatore fra le reazioni - americane e internazionali - al suo irrituale e provocatorio discorso di insediamento può essere raccolto in un singolo termine: smarrimento. Giornali, radio, televisioni, commentatori, politici cercano di prendere le misure, ma si scontrano con un fatto nuovo, con un Presidente che ha annunciato nel suo discorso di voler essere un «indipendente», di voler contare solo sul suo «movimento» di essere pronto a «respingere» il sistema politico su cui poggia la Costituzione americana. Ecco perché saltano, nel giorno due, i punti di riferimento conosciuti, l’America è un intreccio di separazione dei poteri, delle responsabilità che forzano un miracolo di equilibro quando si raggiunge un consenso. Prepariamoci invece a un percorso indecifrabile, impre- vedibile nel nostro nuovo rapporto con l’America di Donald Trump, sia sul piano degli ideali che su quello dei rapporti d'affari o politici o militari.
Con molti pericoli. Se una dichiarazioni d’insieme su pratiche di commercio sleali è condivisibile ed è prevista dagli accordi del Wto, quella del protezionismo nel senso più tradizionale del termine potrebbe avere un effetto dirompente sui consumi americani: l’altra faccia della medaglia di fabbriche all’estero è che il consumatore americano può acquistare a buon prezzo più cose da Wal Mart. Questa dinamica possibile preoccupa anche i sostenitori di Trump che intravedono il pericolo di uno sconquasso economico se si andrà avanti seguendo le promesse enunciate venerdì davanti al Campidoglio. Eppoi, cosa vuol dire «comprate americano», cosa vuole dire, America First in politica estera? Se lo chiedevano perplessi quasi tutti gli ambasciatori che abbiamo visto usci- re alla spicciolata dal discorso di venerdì. Erano in gruppo. Difficile immaginare visi più cupi: «Mai ci saremmo aspettati un discorso di questo genere, rende il nostro compito molto più difficile» ha detto al Sole 24 Ore uno di loro. E un altro: «Lavoreremo con questa amministrazione, è nostro dovere, ma ci aspettavamo, almeno oggi, un discorso diverso». Il New York Times ha scritto ieri mattina che Donald Trump non « capisce l’America...è difficile immaginare una visione più distorta del nostro paese...più inesattezze storiche, politiche o militari in un discorso inaugurale». Aggiungiamo: non capisce la forza e l’importanza di quel che significa l’America per il resto del mondo. Le dimostrazioni di ieri in America e nelle grandi capitali europee e asiatiche hanno chiarito che con o senza Trump non si rinuncia all’America che conosciamo.
Ma si andrà davvero avanti così? Trump è contro i repubblicani quando parla di commercio ed è contro i democratici quando firma il primo atto per abolire la riforma sanitaria. Quanto potrà durare? C’è un’immagine significativa che si è vista poco in televisione, la firma dei documenti di nomina al Congresso subito dopo il giuramento: si vedono Trump e Nancy Pelosi sorridenti che scherzano, gli altri ridono. La tensione del discorso sembra svanita. Ci saranno accordi possibili? Forse. Ma fino a quando Trump resterà inchiodato sulla sua retorica divisiva ci sarà poco da fare. La «resistenza deve essere continua» mi ha detto un attivista alla dimostrazione a Washington, «perché la provocazione continua è nella natura di Trump». Da oggi dobbiamo condividere: fino a prova contraria il modo di governare di Trump sarà definito dall’antagonismo, da Twitter, dall’insulto e da una campagna elettorale permanente come nuovo strumento governo di un Presidente americano.