Con Bruxelles margini ridotti: impegni subito, decreto ad aprile
Si tratta tra Roma e Bruxelles sui tempi e sulle modalità della correzione da 3,4 miliardi chiesta dalla Commissione europea, in una sorta di percorso a tappe che prevede l'esposizione da parte del Governo, entro fine mese, delle ragioni che sono alla base dello scostamento, cui ora si aggiungono i nuovi costi da affrontare per l'ennesima emergenza nel centro Italia. In primo piano, i “fattori rilevanti”, che comunque il Governo intende evocare, tra cui il permanere di una bassa inflazione con effetti sul valore nominale del debito. Bruxelles apre sui costi del terremoto e dell'eccezionale ondata di maltempo che ha flagellato il centro-Italia, con annessa la tragedia dell'hotel Rigopiano, ma sull'entità della correzione – stando alle ultime indiscrezioni - non paiono al momento sussistere grandi margini di trattativa. Spazi se mai sui tempi.
Nella lettera che il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan recapiterà tra breve al vice presidente della Commissione, Valdis Dombrovkis e al commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, vi sarà anche l'indicazione di una prima griglia di misure per garantire l'aggiustamento richiesto. L'intenzione è varare la correzione tra marzo e aprile, in coincidenza con la presentazione del nuovo Documento di economia e finanza. Non è escluso che si possa spuntare una correzione spalmata su due tempi, una prima ad aprile, una seconda ridosso della prossima manovra, ma al momento non vi è certezza su questo punto. L'impegno assunto a fine mese consentirà comunque alla Commissione di recepire gli intendimenti programmatici del Governo nelle previsioni invernali di febbraio, sui quali poi verrà “tarato” in marzo il giudizio definitivo sulla manovra 2017, sospeso lo scorso novembre per l'approssimarsi della scadenza referendaria del 4 dicembre. Un via libera condizionato, appunto, al segnale atteso sul fronte del deficit strutturale e sugli impegni che il Governo dovrà assumere sulla riduzione del debito a partire da quest'anno. La linea di Bruxelles è che, a fronte dei circa 19 miliardi di flessibilità già concessi tra il 2015 e il 2016, va ora garantito un avvicinamento, sia pur limitato nello 0,2% del Pil, al percorso di riduzione del deficit nominale. In sostanza, a fronte dell'impegno a ridurlo all'1,8% (Def dello scorso anno), e del suo incremento al 2,3% previsto dalla manovra 2017 (2,4% secondo Moscovici), si punta a una limatura che possa consentire alla Commissione di non aprire una procedura d'infrazione per eccesso di squilibri macroeconomici. Il tutto considerando che nel
LA LETTERA DI ROMA Nella risposta che sta preparando Padoan i «fattori rilevanti» sul debito e nuovo accento sulle spese per il sisma
2018 il deficit dovrebbe attestarsi all'1,2 per cento, ma dovrà essere aperta una nuova trattativa tra l'estate e l'autunno su come far fronte alle nuove clausole di salvaguardia per 19,6 miliardi, pronte a scattare dal prossimo anno attraverso l'aumento di Iva e accise. La correzione sui saldi nominali avrebbe un impatto sul deficit strutturale, altra condizione ritenuta necessaria da Bruxelles, come si ribadirà nell'imminente rapporto sull'andamento del debito pubblico del nostro paese. La “deviazione significativa” dai target di bilancio europei, evidenziata a novembre e condivisa dall'Eurogruppo del 5 dicembre, non a caso si concentra per gran parte sull'aumento del deficit strutturale dall'1,2 all'1,6%, a fronte della richiesta avanzata dalla Commissione di ridurlo dello 0,6 per cento.
Se questo è lo stato della trattativa sul piano strettamente tecnico/contabile, è evidente che la via di compromesso (per la Commissione già evidente nella richiesta di una correzione giudicata “minima” rispetto allo scostamento evidenziato), dovrebbe ispirata a valutazioni prevalentemente politiche. Il punto è che nell'anno delle elezioni in Francia e soprattutto in Germania, pur disponibile ad aprire all'Italia, la Commissione guidata da Jean Claude Juncker non pare disposta a offrire il fianco a critiche su presunti atteggiamenti “lassisti” nei confronti di un paese, come l'Italia, il cui debito resta elevatissimo.