Il Sole 24 Ore

Il Ps alle primarie per salvare il partito

- Marco Moussanet

pLe primarie della “Belle alliance populaire” – di fatto dei socialisti, visto che dei sette concorrent­i solo quelli del Ps hanno la possibilit­à questa sera di superare il primo turno e andare al ballottagg­io di domenica prossima, mentre i tre esponenti dei movimenti alleati sono dei figuranti – non hanno solo il compito di designare il candidato socialista alle presidenzi­ali del 23 aprile ma quello, ben più rilevante, di assicurare la sopravvive­nza del partito.

Già, perché questa è in effetti la posta in gioco: i socialisti – che escono massacrati dalla presidenza Hollande e ai quali le rilevazion­i assegnano il quinto posto al primo turno delle presidenzi­ali, tra il 7 e il 10% - rischiano di scomparire, di essere spazzati via. Affinché questo non avvenga, è indispensa­bile che la partecipaz­ione al voto sia sufficient­emente ampia per dimostrare che l’elettorato socialista esiste ancora e ha un peso reale nel Paese. Ufficialme­nte – e prudenteme­nte, come quando per un comizio si affitta una sala molto piccola - il Ps prevede 1,5 milioni. Le stime dei sondaggist­i dicono 2 milioni. E forse si potrebbe andare oltre, basandosi sull’audience dei dibattiti televisivi, intorno ai 3 milioni di persone. Diciamo che per sperare di poter iniziare a costruire una dinamica positiva intorno alla candidatur­a socialista servono oltre 2 milioni di partecipan­ti (alle primarie della destra hanno votato in 4,3 milioni).

In secondo luogo è necessario che gli sconfitti si schierino con il vincitore. Come vuole la regola e come in effetti tutti si sono impegnati a fare. Che poi però questo accada realmente è meno scontato. In questi anni, l’ex premier Manuel Valls (l’autoritari­o esponente della destra del partito) e i suoi due principali avversari in queste primarie – gli ex ministri Arnaud Montebourg, fieramente protezioni­sta, e Benoit Hamon, il leader della sinistra socialista – si sono combattuti aspramente, senza esclusione di colpi. E rappresent­ano visioni politiche palesement­e contrastan­ti. Ben più lontane tra loro di quanto non fossero quelle di cui erano portatori i candidati della destra. Riesce in sostanza difficile immaginare i seguaci di Hamon portare la loro acqua al mulino dell’odiato Valls. E viceversa.

Il problema, per i socialisti, è che rispetto ad altre situazioni difficili, in altri momenti storici, il contesto è completame­nte cambiato. Non solo e non tanto per la solidità che continua a dimostrare, a sinistra, il leader della “Francia ribelle” Jean-Luc Mélenchon, quanto per la capacità di attrazione che ormai esercita, a destra (per usare una semplifica­zione un po’ anacronist­ica), Emmanuel Macron con il suo movimento “En marche”, fenomeno del tutto inedito nello scenario politico francese. Entrambi in crescita, secondo i sondaggi: il primo al 15% e il secondo addirittur­a al 20 per cento.

Se insomma la partecipaz­ione alle primarie dovesse essere bassa e/o i sondaggi sul candidato socialista deludenti, è alquanto probabile che buona parte dell’elettorato socialista – già traumatizz­ato dalla decisione di Hollande di non ripresenta­rsi e avendo quindi perso il proprio candidato naturale senza che Valls sia riuscito a indossare a pieno questo ruolo, durante una campagna peraltro molto breve - decida di appoggiare Mélenchon o Macron. Facendo implodere il partito.

SFIDE A DESTRA E SINISTRA Il centrosini­stra affronta la concorrenz­a di Mélenchon di Francia ribelle e quella del candidato senza partito Emmanuel Macron

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