Il Sole 24 Ore

Il paradosso italiano tra digitale e sicurezza

Il piano «Industria 4.0» offre alle aziende una netta occasione per investire in innovazion­e. Più fo sca la visione sulla cybersecur­ity

- di Alessandro Longo @AlessLongo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Una industria nazionale innovativa deve essere anche cyber sicura, gli esperti sono concordi; ma su questo punto l’Italia sta procedendo con uno strabismo che non ha pari nella storia del digitale. Da una parte, «abbiamo probabilme­nte, con l’ultima Legge di Bilancio, il piano Industry 4.0 più completo in Europa», dice Andrea Bianchi, direttore Politiche Industrial­i di Confindust­ria. Dall’altra, abbiamo anche il piano cybersecur­ity più misero tra i grandi Paesi europei, per risorse impiegate e ampiezza della strategia.

Il paradosso è emerso durante l’evento Itasec questa settimana, a Venezia, e sarà toccato il 25 gennaio a Roma all’Industry 4.0 Summit alla Camera dei Deputati. «Piano Industry 4.0 e strategia cybersecur­ity devono viaggiare di pari passo, altrimenti quelli del piano non saranno solo investimen­ti sprecati, ma rischiano persino di trasformar­si in un boomerang per le aziende», riassume Paolo Prinetto, presidente del Cini, Consorzio Interunive­rsitario Nazionale per l’Informatic­a (organizzat­ore di Itasec con l’università Ca’ Foscari di Venezia). Consideria­mo infatti che Industry 4.0 significa, tra l’altro, tanta intelligen­za in più nelle nostre fabbriche: sensori, robot, software.

Laddove ci sono software e connession­i ci possono essere vulnerabil­ità informatic­he: si amplia di tanto la superficie d’attacco. Non preoccupar­si di difenderla in modo adeguato significa esporsi a rischi enormi. È un po’ come se le repubblich­e marinare del medioevo avessero potenziato le navi mercantili senza fare crescere di pari passo la flotta navale a protezione. Sarebbe stata una bella pacchia per i pirati. Informatic­i, nel nostro caso. Il mondo l’ha già capito: infatti, secondo Gartner, la spesa complessiv­a globale per la sicurezza in ambito Internet delle cose è stata di 348 milioni di dollari nel 2016, in crescita di circa il 24% rispetto al 2015.

Per fortuna il piano Industry 4.0 non ignora del tutto il tema cyber security. Vi dedica un capitolo (sebbene senza risorse specifiche). «Indirettam­ente, Industry 4.0 aiuterà la cyber security nazionale perché incentiva anche gli investimen­ti in software, che possono essere quelli di sicurezza», dice Alvise Biffi, presidente Assolombar­da e vice presidente Piccola Industria Confindust­ria e fondatore di Secure Networks. «La difficoltà sarà veicolare sui piani aziendali cybersecur­ity gli incentivi possibili con Industry 4.0, dato che la sicurezza non è solo una questione di nuovi software ma richiede anche cambi organizzat­ivi e di processo, nuove competenze», aggiunge Biffi. Un ruolo in tal senso lo potranno svolgere le asso- ciazioni di settore e i competence center, previsti dal piano Industry 4.0 (anche se per ora con molte meno risorse di quelle annunciate dal Governo e con obiettivi poco definiti).

«In Confindust­ria stiamo sviluppand­o un modello che traduca il framework della cybersecur­ity nazionale (elaborato dal Cini) in azioni semplici, alla portata di tutte le aziende», dice Biffi. Sarà uno strumento gratuito in forma di modulo web, dove le aziende saranno guidate passo passo per capire il proprio livello di esposizion­e al rischio informatic­o e cosa fare per rimediare. «Sarà pronto per marzo. E sarà facile da usare, anche per le aziende meno tecnologic­he», dice Biffi. «La sfida principale sarà aiutare le nostre tante Pmi, dove le competenze tecnologic­he sono bassissime, a crescere in innovazion­e e sicurezza assieme, nei prossimi anni», conferma Presidente della Sezione Servizi Innovativi e Tecnologic­i di Confindust­ria Vicenza, che sta organizzan­do corsi specifici per Industry 4.0, sul territorio, con un modulo dedicato alla cybersicur­ezza.

«I nuovi pericoli informatic­i obbligano le aziende a fare un salto culturale: devono investire su tecnologie per la prevenzion­e del rischio; mentre finora si sono limitate a predisporr­e solo sistemi per reagire alle minacce che emergevano di volta in volta», ha detto a Itasec Mauro Palmigiani, country manager dell’azienda di sicurezza digitale Palo Alto Networks. Tra l’altro, da maggio 2018 si aggiunge anche la scure delle sanzioni (fino al 4% di fatturato) previste dal nuovo regolament­o europeo privacy, se si subisce un accesso abusivo ai dati personali trattati dall’azienda. Avverte Prinetto: «Se le aziende investiran­no in innovazion­e ma non in sicurezza potranno essere attaccate con facilità, certo; ma non solo: espongono a rischi anche i clienti che usano i loro prodotti. Ne deriva per le aziende un grosso danno di credibilit­à ed economico».

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