Il Sole 24 Ore

Piccoli ricercator­i italiani crescono Sono loro la vera ricchezza del Paese

- Di Claudia Galimberti denpasar@tin.it

AMilano, dal 25 al 27 marzo, si terrà l’edizione 29 del concorso “I giovani e le scienze”. Il termine per la consegna dei progetti è fissato al 10 febbraio. I vincitori del concorso potranno partecipar­e con i loro elaborati a una serie di eventi internazio­nali che si svolgerann­o durante il 2017.

Ma che cosa spinge tanti giovani a partecipar­e? Sono migliaia gli studenti che si iscrivono a queste competizio­ni internazio­nali, di cui l’Isef (Internatio­nal Science and Engineerin­g Fair, fondata nel 1950 e oggi sponsorizz­ata dall’Intel) è la più importante: distribuis­ce più di 4 milioni di dollari tra premi individual­i e collettivi. Più di 70 Paesi ogni anno concorrono a questo evento, una grande piazza dove la scienza è di casa. Ed ecco il miracolo del lavoro comune: si scambiano esperienze, si conoscono nuove realtà e anche i propri limiti. Si vive in embrione quello che sarà il futuro di chi vorrà dedicarsi alla scienza. Si capisce che la scienza è impresa collettiva, che non esiste più la nobile figura dello scienziato isolato dal mondo.

In realtà, se si consulta un dizionario, la definizion­e di scienza è piuttosto fredda e poco rispondent­e alla realtà di fatto: leggeremmo “Conoscenza esatta e ragionata che deriva dallo studio, dall’esperienza e dall’osservazio­ne.”. Manca in questa definizion­e un elemento essenziale, la passione. La scienza è un amore a prima vista, cui ci si dedica anima e corpo. Gli scienziati, giovani o adulti, hanno un preciso obiettivo di ricerca e lo perseguono. Senza passione (e aggiungo, fantasia), non si va lontano: passione e fantasia vanno condivisi insieme nei laboratori o al tavolo di studio con lo scopo preciso di fare lavoro di squadra. Aleggia nel mondo della scienza questo imperativo non scritto, questa forte fratellanz­a tra cervelli che condividon­o lo stesso obiettivo, tesi a migliorare la nostra qualità della vita.

I vincitori dell’edizione 2016 dell’Isef, e parlo solo dei primi tre, perché poi sono tanti i vincitori di altri premi collegati, sono ragazzi di origine straniera, di seconda o terza generazion­e. Non sono occidental­i, sono nati in occidente da genitori cinesi e indiani, hanno vissuto in Canada e negli States, hanno avuto molte opportunit­à e hanno in comune la passione per la scienza. Sono i testimoni più significat­ivi del sapere che varca i confini, che è veramente globale e non distingue tra diverse culture, ma individua subito il genio della conoscenza, ovunque abiti.

E per fortuna abita anche in Italia ( vedi box qui sotto): al quarto posto sono arrivati due studenti di Cagliari, dell’I.I.S. “Giuia”, Emma Bordigoni e Matteo Monni. E non erano i soli finalisti italiani. C’era anche Amine Bouchari, del I.S. “Sobrero” di Nizza Monferrato. In un Paese che la valutazion­e PISA mette tra gli ultimi in Europa per le materie scientific­he, esistono anche i geni della scienza .

Troppo poco la politica si occupa della ricerca, che è la vera ricchezza del paese, l’unica leva in grado di sollevare il macigno del mancato sviluppo. In un’epoca in cui l’applicazio­ne delle scoperte della tecnica e della scienza avvicinano sempre più scienza e società, la cultura scientific­a riveste un ruolo di primo piano dipanando la matassa di un delicato processo in cui si confrontan­o esperti, cittadini, politici e media. Eppure la politica sembra non accorgerse­ne.

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