Mediaset, in Borsa cresce il caso Mondadori
L’eventuale fusione Mediaset-Mondadori potrebbe essere bloccata da Vivendi ma sui diritti di voto francesi è attesa l’Agcom
La battaglia per il controllo di Mediaset si giocherà sul campo legale. Pier Silvio Berlusconi, in occasione della presentazione delle linee guida del piano al 2020, su questo punto è stato chiaro. «Se ne esce con le vie legali: qui siamo e qui rimaniamo, non è una situazione semplicissima ma mi sembrano più preoccupati loro», ha detto l’amministratore delegato del Biscione. E in effetti, almeno in questo momento, Mediaset appare concentrata a trovare con gli avvocati la giusta strategia per bloccare l’avanzata francese. L’obiettivo sarebbe quello di sterilizzare il pacchetto del 29,9% dei diritti di voto in mano a Vivendi, una quota che rappresenta nei fatti una minoranza di blocco in una eventuale assemblea straordinaria. Per neutralizzare i voti dei francesi dovrebbero però arrivare provvedimenti da hoc a seguito dei numerosi esposti presentati dal gruppo di Berlusconi in Procura, Agcom e Consob. Proprio l’ipotesi di una eventuale sterilizzazione dei diritti di voto dei francesi, secondo alcune ricostruzioni, potrebbe aprire la strada ad eventuali mosse “finanziarie” difensive di Mediaset, volte a rafforzare la posizione di Fininvest nel capitale della controllata del Biscione fino al 51%. In proposito sul mercato si punta il dito sull’andamento del titolo Mondadori e ci si chiede se la controllata di Fininvest, come trapelato già in passato, possa rappresentare l’opzione giusta per bloccare Vivendi.
Due numeri danno la dimensio- ne di quanto, almeno negli ultimi due mesi, i riflettori si siano spostati sulle azioni della società editoriale. Solo considerando la performance da inizio anno, il titolo Mondadori è salito del 23%, un bilancio positivo che, se si considera come punto di partenza l’inizio di dicembre, sale al 57,4%. Il tutto peraltro è stato accompagnato da una crescita esponenziale dei volumi: negli ultimi due mesi gli scambi medi sono stati pari a 800 mila pezzi, con punte che hanno raggiunto 2 o 3 milioni di titoli scambiati come avvenuto nelle sedute del 3 e del 16 gennaio scorso. Un numero che, sebbene non sia elevato in valore assoluto, deve confrontarsi con una media nei mesi precedenti all’exploit che viaggiava tra 124 mila (ottobre 2016) e 214 mila (novembre 2016). Soprattutto guardando l’andamento negli ultimi giorni spicca il mantenimento di scambi rilevanti rispetto al passato a fronte di rialzi tutto sommato contenuti, tanto che da inizio dicembre è stato scambiato più del 10% del capitale, una enormità se rapportato agli “storici” volumi di Mondadori. Che ci sia un rastrellamento in corso? Difficile che ci siano mani francesi, secondo gli addetti ai lavori. Piuttosto qualcuno ipotizza un eventuale rafforzamento di Fininvest. Eppure, facendo due conti, anche in un ipotetico scenario di fusione tra Mondadori e Mediaset, ipotesi peraltro smentita in passato dalle due società coinvolte, i benefici ai fini del rafforzamento del controllo su Mediaset sarebbero comunque limitati, senza contare che servirebbe la sterilizzazione dei voti di Vivendi per far passare una operazione di questo tipo dall’esame dell’assemblea straordinaria. Per usare in modo difensivo la fusione con Mondadori, Fininvest dovrebbe infatti salire al 100 per cento del gruppo editoriale, in cui oggi controlla il 50,4%. Sulla carta la holding della famiglia Berlusconi può comprare titoli Mondadori senza obblighi di comunicazione fino al 66,7% del capitale. Ma per superare il 45% di Mondadori-Mediaset fuse (salendo al 45,4% dei diritti di voto) , Fininvest dovrebbe avere in mano il 100% di Mondadori e comunque avrebbe bisogno di acquistare sul mercato l’1,27% di Mediaset che può rilevare ad aprile. Centrata la soglia del 45%, a quel punto, la holding potrebbe salire liberamente nel capitale di Mediaset fino al 50%. A oggi, invece, con le quote attuali, la holding che ha il 38,2% del capitale di Mediaset, riuscirebbe ad arrotondare solo al 40,5% dei voti dell’entità fusa e la fusione diluirebbe Vivendi al 27,7% dei diritti di voto rispetto al 29,9% attuale. Troppo poco per neutralizzare il fronte francese.
SCENARIO SU MEDIASET L’ipotesi di una eventuale sterilizzazione dei diritti di voto di Vivendi potrebbe aprire la strada a possibili mosse “finanziarie” difensive