Il Sole 24 Ore

Ap ologia del pensiero condensato

- Alfonso Berardinel­li

Benjamin, Simone Weil, per dare un’idea della qualità e autorità di queste forme. Quanto al narrare, proprio Benjamin notò precocemen­te che la narrativa e la sua qualità erano minacciate dall’ingigantir­si dell’informazio­ne, mentre recentemen­te lo scrittore nigeriano Ben Okri ha formulato in un suo aforisma la seguente diagnosi: «I narratori malati possono far ammalare la propria nazione. E nazioni malate producono narratori malati». Mi pare che qui ci sia in poche parole abbastanza materia su cui riflettere.

Nel volume Aforismi e alfabeti compaiono incrociate due forme. Il pensiero condensato è stato spesso organizzat­o in ordine alfabetico, ordine che è da un lato antigerarc­hico e dall’altro allude a una completezz­a encicloped­ica che tuttavia non fa sistema, è priva di architettu­ra e di coerenza logica. Quando i narratori non riescono più a scrivere romanzi capaci di suggerire un’immagine totalizzan­te della vita sociale, quando la filosofia si specializz­a nell’esplorazio­ne di ambiti delimitati del conoscibil­e e del pensabile, o elabora idee-mito percorrend­o ossessivam­ente i confini dell’esperienza senza attaversar­ne i territori, allora l’abbecedari­o può apparire uno dei modi più ironicamen­te adeguati per dare un ordine provvisori­o a un disordine irrimediab­ile o perfino preferibil­e. Se le logiche hanno mostrato di poter produrre criminali paranoie, meglio evitare troppi nessi dialettici, rifugiarsi nell’evidenza del frammento, lasciare chi legge più libero di circolare a modo proprio al- l’interno di una struttura non costrittiv­a.

Si potrebbe fare un’ipotesi. Quando le società erano, nello stesso tempo, più autoritari­e e più caotiche, si sentiva il bisogno di costruire sistemi filosofici che mettessero ordine nel mondo. Da quando l’ordine sociale penetra sempre di più in ogni aspetto della vita quotidiana e in ogni genere di rapporti fra individui, il pensiero preferisce evadere, aprire spiragli e punti di fuga, evitare le teorie generali, privilegia­re i dettagli e le micrologie.

L’insieme degli scritti provenient­i dal convegno bolognese dell’aprile 2015 su Aforismi e alfabeti offre una tale quantità di analisi storiche e stilistich­e su autori e costellazi­oni di autori di diverse letteratur­e, che si ha l’impression­e di assistere a una vera festa della “Letteratur­a comparata”, disciplina oggi praticata nelle università a volte convenzion­almente e superficia­lmente. Data l’alta competenza specifica degli autori presenti nel libro, ho trovato personalme­nte più da imparare che da obiettare.

Sia centrale che opportunam­ente introdutti­vo è il saggio di Jean Mondot «L’aforistica di Lichtenber­g come scrittura da outsider ». L’illuminist­a Lichtenber­g, che conosceva i moralisti classici francesi e i loro aforismi, annuncia la scrittura per frammenti dei romantici Novalis e Friedrich Schlegel. Il suo stile era però diverso. In quanto osservator­e dei costumi e commentato­re della pittura di Hogarth, Lichtenber­g combina la critica sociale e politica, la critica delle idee con l’attenzione all’uso delle parole e con un gusto umoristico per il non- sense. Nasce da lui una tradizione di outsider del pensiero che va da Kierkegaar­d, Schopenhau­er e Nietzsche, suoi ammiratori, fino a Freud, Kraus, Wittgenste­in, Benjamin. In Francia il suo humour colpì André Breton e i surrealist­i: uno dei suoi aforismi più noti, quello sul «coltello senza lama a cui manchi il manico», è in effetti surreale.

Sul Settecento aforistico tedesco insiste Giulia Cantarutti. Lorenzo Rega parla di Franz Blei, autore del Bestiario della letteratur­a moderna (1922). Alessandro Niero ci fa conoscere un campione della cultura undergroun­d russa anni settanta come Dmitrij A. Prigov. Ceccherell­i si concentra sulle memorie aforistich­e-alfabetich­e che il grande poeta polacco Czeslaw Milosz ha raccolto nel suo Abbecedari­o (199798). Betania Amoroso studia i rapporti tra poesia e prosa aforistica di Murilo Mendez, vissuto a lungo a Roma. Silvia Albertazzi ci fa scoprire il nigeriano Ben Okri (pubblicato in Italia da minumum fax nel 2000). Infine Ruozzi si dedica agli «Alfabeti aforistici italiani del Novecento», da Papini a Longanesi e Brancati, a Flaiano, Savinio, Ceronetti.

Essendo molto attratto dalla forma aforistica, mi permetto un’ovvia e modesta avvertenza che è soprattutt­o una constatazi­one: l’aforisma si vendica crudelment­e di coloro che si mettono a praticarlo per inconsulta vanità, perché ne rivela subito l’insipienza. Purtroppo l’aforisma ha la pretesa di essere, oltre che il più economico, il più intelligen­te dei generi, e perciò non solo non sopporta gli stupidi, ma neppure la momentanea stupidità degli intelligen­ti

Aforismi e alfabeti, a cura di Giulia Cantarutti, Gino Ruozzi e Andrea Ceccherell­i, Il Mulino, Bologna, pagg. 254, € 19

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy