Il Sole 24 Ore

L’inizio e la fine nella parola

- di Roberto Escobar

Noi siamo le nostre parole, dice e scrive Louise Banks ( Amy Adams), la linguista di Arrival ( Usa, 2016, 116’). E con le sue parole rivolte alla figlia morta comincia il film che Denis Villeneuve e lo sceneggiat­ore Eric Heisserer hanno tratto da un racconto di Ted Chiang ( lo si legge in Storie della tua vita, edito da Frassinell­i).

Quando sei nata, dice Louise alla figlia, pensavo che quello fosse l’inizio, poi ho scoperto che era la fine. Intanto rivede nella memoria le immagini di lei nei primi anni, e poi nell’adolescenz­a che culmina in una malattia mortale. Una malattia irreversib­ile, le dirà più avanti. La scelta di questa parola, irreversib­ile, rimanda a una visione del tempo, all’immagine del suo procedere in avanti, in un verso senza ritorno, come un fiume inarrestab­ile. Nel film non si dice quale sia la malattia. Quello che conta è il lutto di Louise, sofferto con un’intensità assoluta.

L’inizio si è rivelato la fine, racconta la sua voce fuori campo nella prima sequenza. Come suggerisce il titolo del film, l’inizio si è mutato in un arrivo. Questo è il lutto, la sofferenza: che già alla nascita – all’inizio – la figlia fosse in cammino verso la morte, meta necessaria per chi abiti il fiume del tempo. E ancora, che questo arrivo abbia cancellato e reso

vano quell’inizio, e tutto quanto da allora è stato.

Se glielo domandasse­ro, Louise ammettereb­be che tanto il lutto quanto l’immagine del tempo sono fatti di parole, delle sue e delle nostre parole, come ogni cosa umana. Ma nel suo dolore Louise dimentica quello che nella sua ricerca ha scoperto. Per ricordargl­ielo, la sceneggiat­ura inventa la storia che sembra rendere Arrival un racconto ( solo) di fantascien­za.

Nel cielo d’America e di altri undici Paesi incombono enormi monoliti silenziosi. Il governo americano tenta di comunicare con gli alieni per scoprirne le intenzioni, e il colonnello Weber ( Forest Whitaker) arruola Louise e il matematico Ian Donnelly ( Jeremy Renner) con il compito di decifrare la lingua dei “visitatori”. Il rischio è che i monoliti si colleghino fra loro e attacchino la Terra, come temono gli altri governi. Il compito di Weber e dei suoi diventa sempre più difficile e pressante. E però non di un’incombente invasione del nostro pianeta si appresta a raccontare Villeneuve. Nel suo film gli alieni valgono come specchio del lutto di Louise, della sua sofferenza per quella malattia irreversib­ile che le sembra la vita.

Come avverrà l’incontro? Da quale segno prenderà le mosse la traduzione delle parole aliene nelle nostre, e delle nostre nelle aliene? Louise e Ian devono attraversa­re la distanza fra Noi e Loro, gli estranei, i non misurabili. La regìa rende visivo questo passaggio necessario dall’ovvio all’inimmagina­to inventando un corridoio in cui accade un sorprenden­te ribaltamen­to di spazialità. Ma poi, una volta di fronte agli alieni, rimane le necessità della traduzione, del passaggio non più fisico, ma linguistic­o. E rimane la necessità che il cinema ne dia un’immagine immediata, di per sé espressiva.

Gli alieni scrivono gettando inchiostro da uno dei loro sette arti, e disegnando cerchi sospesi che valgono come segni leggeri. Ecco l’immagine “parlante” del loro linguaggio. Di cerchio in cerchio, Louise entra in una dimensione comunicati­va che non ha né inizio né fine. Non c’è un verso nella scrittura degli ectapodi e nella loro lettura. Nelle loro parole che galleggian­o nell’aria ( se così si può chiamare il gas in cui si muovono) non ci sono né prima né poi. Il loro tempo, pensato e vissuto con le loro parole, si avvolge su se stesso, senza mete che lo attendano e lo uccidano. Tutto è qui, ora e insieme, sia quello che noi chiamiamo passato sia quello che noi chiamiamo futuro.

Anche mia figlia è qui, immagina Louise. Ciò che è stato non smette di essere. Il fiume è un cerchio infinito in cui non c’è alcun verso, e che si muove restando fermo, in un ritorno eterno. Questo il suo lutto e la sua sofferenza chiedono alle sue parole. Ora Louise ne è certa. %%%% %

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Amy Adams è Louise Banks
« arrival » di denis villeneuve Amy Adams è Louise Banks

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