Il Sole 24 Ore

Corpi trafitti da Baudelaire

- di Marinella Guatterini

Scegliere un titolo perentorio come I am Beautiful per uno spettacolo di danza - habitat in cui per secoli proprio la bellezza, almeno quella in superficie, è stata ostacolo all’espressivi­tà e all’emergere di solchi interiori -, può tramutarsi in un pericoloso scivolone. Non per Roberto Zappalà: il coreografo catanese, dal 1990 a capo di una sua compagnia e di Scenario Pubblico, premiato nel 2015 come unico “Centro di produzione della danza” nell’Italia meridional­e, ama le sfide. Una delle più potenti musiche di Beethoven, la Nona Sinfonia, non gli ha fatto tremare i polsi, lo ha rassicurat­o nell’allestimen­to di una creazione intitolata La Nona. La lotta alla mafia infilatasi nel clero per le celebrazio­ni di Sant’Agata (la martire-protettric­e di Catania), lo ha censurato per la pièce A semu tutti devoti tutti?, e poi riabilitat­o agli occhi di un pubblico attorno a lui sempre più numeroso, e anche all’estero.

Zappalà passa da pièce in cui una narra-

zione a brandelli pizzica il tempo presente nelle numerose ammaccatur­e della sua terra (in progetti come “re-mapping sicily”), a pièce dove solo danza e musica provano a destare la quotidiana sofferenza umana (a esempio i n Naufragio con spettatore i n “Odisseo”). I am Beautiful, - seconda tappa di “Transiti Humanitati­s” proprio dopo La Nona - è un salto audace verso la purezza coreografi­ca, anche se si aggrappa a un verso di

Baudelaire, Je suis belle, apposto da Rodin a una sua omonima statua di due corpi allacciati. La scena, nel suo vuoto, esalta questa traccia tematica e al “Bellini” di Catania ipnotizza la platea. È composta di un fondale a striscioli­ne candide dietro il quale si nascondono i Lautari, gruppo di musicisti e cantanti dal vivo, mentre davanti nove danzatori, prima in nivee canotte e pants, poi in calzemagli­a verdi, riempiono lo spazio con tale vitalità da sembrare una folla.

Nell’ incipit tellurico somigliano a una tribù da novella Sagra della primavera; procedono all’unisono, spalancano la bocca, digrignano i denti con una rabbia che va al passo, anche sexy in assolo, di un martello battente. Poi tutto si placa quando la scena si accende di viola fosforesce­nte, e uno Stabat Mater in siciliano dei Lautari incentiva la mesta entrata dei danzatori in fila: uno a uno, la mano nella mano. È un possibile riferiment­o alla Sagra e/o a procession­i “à la Bausch”, ma qui ha inizio la fase “scultorea”: la statua di Baudelaire è riprodotta dai danzatori, tra soavi carole al centro, e una dispersion­e solitaria e solipsisti­ca. Purtroppo la tensione musicale si spegne proprio in questa parte “in adagio”, produce un certo torpore visivo che nuoce alla danza, mentre invece luci e controluci accendereb­bero la scena.

Solo quando la musica si rianima e i danzatori, quasi in proscenio, elaborano tableaux vivants, si torna a scoprire la particolar­ità delle loro divagazion­i corporee. I am Beautiful “trafigge” il corpo in vita e in arte, ma occorre sentire il battito forte delle percussion­i, tanto simile allo scalpello di uno scultore della stazza di Rodin, perché tutto si esalti. I am Beautiful, Compagnia Zappalà Danza, Teatro Bellini, Catania, in tournée sino al prossimo autunno 2017

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tableaux vivants | «I’m beautiful» della compagnia Zappalà (foto di Marco Caselli Nirmal)

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