Il Sole 24 Ore

Caduca foglia di olmo

- di Maurizio Maggiani

Èscivolata giù dal bordo dei fossi lievitando come pasta di pandolce che s’arriccia sbrombolan­do dalla madia, è montata su furbescame­nte senza dare nell’occhio, e quando m’ha preso alla gola ormai ero bello che fritto, c’ero dentro fin sopra i capelli, incamerato, imbozzolat­o, rapito nella nebbia; idiota che sono, a un paso da casa, forse a un metro preciso, vallo a sapere, ormai è così spessa che potrei appoggiarm­ici contro.

Il cancello deve essere di qua, o di là, o di su o invece di giù, non riesco a sentire nemmeno l’odore di casa, provo a mandare un gridolino, casomai mi ritornasse indietro potrei orientarmi come fanno i sommergibi­li, tutto quello che me ne ritorna è una boccata di fumo, oltretutto ’ sta nebbia sa di poco, decido per la via tattile, e faccio un passo verso l’ignoto. Crick, scrick, trick. Sale dal fondo dei scarponcin­i il garbato canto di una caduca foglia di olmo. Oh, ora so dove sono, a tre passi dal cancello, a uno dall’olmo minore, il nostro paziente numero zero. Sono due generazion­i che non se ne sa di un olmo in vita in tutta la regione, e lui lo è.

Non ci avviciniam­o, non lo tocchiamo, evitiamo di parlarne per non infettarlo anche solo col pensiero, lo guardiamo il meno che si può, proprio qualche volta di domenica; dalla scuola agraria ci giungono richieste d’ispezione, dall’università si son mossi i baroni, perché lui vive e lui solo? Crick, scrick, trick , avrà sì e no cent’anni e le sue foglie cantano ancora con voci di bambine. Le bambine che adesso mi portano a casa.

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ulmus Riproduzio­ne dal volume «Histoire Naturelle» di Buffon

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