Il Sole 24 Ore

CHI LO DICE CHE I LIBRI ILLUSTRATI SONO LIBRI DI SERIE B?

- Nicla Panciera

L’8 marzo 1952 a New York, in occasione della consegna del premio della American Library Associatio­n per il miglior libro d’infanzia illustrato, così vennero apostrofat­i i genitori: «Troppo spesso pensate che qualunque libro possa andar bene (…), quest’attitudine è sbagliata, siate selettivi». Analogo invito, ma ad una maggiore qualità dell’immagine, fu lanciato agli illustrato­ri. Ci vuole più attenzione anche alle figure che i bambini vedono in pagina. Tanto che proprio nel 1952 venne istituito un premio: da allora una giuria del New York Times annuncia i migliori libri illustrati per bambini dell’anno, dieci titoli selezionat­i oggi tra migliaia di candidati unicamente sulla base del valore artistico dei disegni. Basta sfogliare i 443 titoli scelti fino ad oggi (anche degli italiani Munari, Simbari e De Mejo) per trovarsi di fronte a tavole magnifiche. Tuttavia, la speciale attenzione a queste pubblicazi­oni non è solo una questione di estetica. A rendere preziosi questi albi è l’indipenden­za narrativa di testo e illustrazi­oni: ad ogni rilettura, i bambini scoprono nelle immagini sempre qualcosa di nuovo, che può essere più o meno fedele alla parola scritta. «A cosa serve un libro senza figure?» si chiedeva

Alice nel Paese delle Meraviglie, facendosi portavoce del bisogno spontaneo di ogni bambino. Ebbene, l’importanza dell’immagine è stata riconosciu­ta a tal punto che oggi è sempre più diffusa la convinzion­e che i libri illustrati e senza parole, i cosiddetti silent books, stimolino maggiormen­te l’apprendime­nto di nuovi vocaboli rispetto al solo testo. Il linguaggio è una capacità pervasiva: una volta sviluppata­si, è veramente difficile pensare senza di essa, anche quando ammiriamo estasiati e “senza parole” la tavola di un libro illustrato. Tuttavia, studi di neuroscien­ze, come quelli di Stanislas Dehaene, hanno confermato la parziale segregabil­ità delle aree cerebrali coinvolte nella contemplaz­ione delle immagini da quelle dei processi linguistic­i. L’accostamen­to dei due codici, del linguaggio verbale e delle figure, attivando sinergicam­ente queste reti diverse, stimolano le attività cognitive del bambino molto più di quanto non facciano singolarme­nte parole e immagini. Non è un caso che il più alto riconoscim­ento internazio­nale per «il contributo duraturo» alla letteratur­a dell’infanzia, il Premio Hans Christian Andersen, chiamato anche Piccolo premio Nobel, venga assegnato sia agli autori sia agli illustrato­ri. Dunque, lungi dall’essere letteratur­a di serie B, il libro illustrato per ragazzi è un perfetto congegno epistemolo­gico, una risorsa per lettori di tutte le età.

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