Il Sole 24 Ore

Edith e l’amore per Nelo

- la bibl ioteca di Giorgio Dell’Arti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA Notizie tratte da: Edith Bruck, La Rondine sul termosifon­e, La nave di Teseo, Milano, pagg. 144, € 16

Ricordo. «La vera misura della vita è il ricordo» (Walter Benjamin).

Preghiera. «Oh Dio mio, concedi a me dubbiosa, con i nervi non sempre saldi, l’energia psichica e fisica di essere sempre pronta a rispondere alle infinite esigenze di quest’uomo che soffre e fa soffrire, vive male e fa vivere male, e non ha neanche un Dio a cui rivolgersi come me, che non ho mai osato rinnegarti, anzi t’ho pensato e penso più che a chiunque altro. T’ho cercato e cerco nel pericolo, e come mia madre in costante monologo con Te, chiedo il tuo aiuto anche se non prego.

Aiutami. Liberami dall’impazienza che sfocia nella rabbia quando grida, mi sveglia in piena notte ed è aggressivo e intolleran­te con sé, con me, con la propria insofferen­za. Sono una donna di cristallo anch’io, m’è stato detto da un medico che doveva ancora ritenermi degna d’attenzione, al contrario di mio marito che i dottori sfiorano appena con lo sguardo e liquidano con la prescrizio­ne di qualche goccia di giorno e di notte per tenerlo più calmo, meno avverso alla vita, ai vivi e al mondo, e a me per il suo bell’aspetto stringono la mano. Sulla porta mi dicono che non c’è niente da fare, sono io che lo tengo in vita, per la demenza senile non ci sono medicine» (Edith Bruck).

Studio. Lo studio del poeta Nelo Risi giovane: un grande spazio con pochissimi mobili; una parete di libri alle spalle di un lungo tavolo di legno con una sedia, una grande vetrata che dava su piazza Mignanelli, un giaciglio basso di tre tavoli quadrati di legno accostati e coperti da tre cuscini foderati da una tela color paglia, con accanto un ripiano per il giradischi e i dischi e una serie di immagini di scheletri danzanti in cornici di ferro nero.

94. A novantaqua­ttro anni, affetto da demenza senile, Nelo Risi ricordava qualcosa solo ascoltando la voce di Frank Sinatra in My Way o guardando la faccia di Adriano Celentano.

Moglie. “Siamo a letto?” chiede all’alba. “Siamo a letto.” “Io ti stringo, dormiamo insieme?” “Sì.” “Io e te?” “Sì.” “Che giorno è, domenica?” “No, mercoledì.” […]“Tu non mi

lascerai mai?” “No.” “Tu sei sempre con me?” “Sì.” “Oggi non viene nessuno, siamo soli.” […] “Chi sei? Nessuno ci vuole bene. Gli altri due dove sono? Che fa il vitello sul divano? Non ho in tasca l'accompagna­tore, bisogna portare i documenti a mia moglie” (conversazi­one tra Nelo Risi e la moglie Edith Bruck).

Bene. «Sei il mio bene» (Nelo alla moglie Edith)

Partigiano. Nelo Risi non aveva mai tenuto un’arma in mano, nemmeno nell’esercito, durante la Seconda guerra mondiale, quando prestava servizio come sergente sanitario, e se fosse stato un semplice soldato avrebbe disertato da buon pacifista anarcoide. Rimpiangev­a solo, a volte, di non aver fatto il partigiano.

Marito. «Mio marito era parco con la tanto abusata parola amore, per dirmi ti amo ci ha messo una vita e solo ora che ha perso i freni inibitori mi ripete di amarmi. Prima con i suoi pudori, il corpo da ciclista, la mente brillante, sembrava che bastasse a se stesso ed era come prigionier­o di un certo riserbo aristocrat­ico misto a una coscienza civile e a una coerenza e onestà incorrutti­bili, al limite del patologico. Le sue contraddiz­ioni di poco conto andavano intese come libertà. Non so se approvereb­be ciò che scrivo delle sue condizioni di oggi, il dubbio talvolta mi ha fermato la mano […]» (Edith Bruck)

Silenzio. «È un silenzio così buio che oscura anche l’arredament­o bianco. Ma un suo sorriso pur essendo debole è potente, illumina ogni cosa. Anche quando è immobile sulla poltrona riempie tutti gli angoli della casa e a me basta una sua sola parola o frase priva di senso per rianimarmi. Basta che parli, che ci sia e io possa sentire i suoi lamenti, vedere il suo volto intenso, tenergli la mano, fissare con lui ciò che lui vede, dormire male ed essere svegliata da lui che apre gli occhi smarriti dicendomi “mamma mamma” o “ciao piccola mia”. Basta che ci sia anche se i silenzi saranno sempre più lunghi, e più profondi».

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